11.3 La madre di Priamo Querini (1574)

La supplica della vedova di Carlo Querini è un altro esempio di supplica presentata ai Capi del Consiglio dei dieci da una madre afflitta per la prigionia del figlio. Il documento rappresenta un altro aspetto di una giustizia punitiva che si piega alla richesta di una madre e alle istanze di pietà nei confronti del figlio prigioniero.

1574 31 augusti In Consiglio di dieci

Fu condennato messer Priamo Querini fo de d. Carlo l’anno 1572 a 27 de agosto a stare doi anni in prigion serrata et a pagare cinquanta ducati al ferito, medici et medicine, i quali doi anni havessero a cominciarli da poi pagati li denari. Et perché egli per la molta impotentia sua li ha pagati se non otto mesi da poi la condennatione, conviene alla pietà et benignità di questo Consiglio permetter che essi otto mesi gli siano messi a conto delli doi anni della sua condennatione et prigione. Et però L’anderà parte che gli sia fatta gratia chel tempo delli doi anni sopradetti s’intendi essergli cominciato dal giorno della sententia et pregione et non dal pagamento, sì come ha humilmente supplicato.

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Inter d. consiliorum et capita dato iuramento

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Illustrissimi et Eccelentissimi Signori Capi dell’Eccelso Consiglio di dieci

Fu condennato l’anno 1572 adì 27 agosto, doppo l’esser stato tre mesi et mezzo nelle prigioni delle Signorie Vostre Illustrissime Priamo figliolo del quondam messer Carlo Querini et di me Marchetta relicta del ditto messer Carlo, infelice et tribulatissima vedoa, dui anni in prigion serrata et a pagar cinquanta ducati al ferito et medici et medicine. Ancora che colui che avanti che mio figliuolo si presentasse havesse hauto trenta altri ducati et perciò si chiamasse contento et satisfatto del tutto, come appar per istrumento publico presentato all’officio dell’Eccelentissime Signorie Vostre nella espeditione del ditto mio figliolo. Con la condanna nella sententia che nol cominciasse il tempo se non pagava i danari sopradetti, il che fu cagione dell’ultima et compita ruina della mia povera et dissolata Casa. Percioché essendo io misera vedoa et senza robba et abbandonata da ognuno, come accade alle sconsolate donne che insieme col marito perdono il sostentamento dlla sua Casa, con tutto lo sforzo che io facessi di superare il mio debole et miserissimo stato, non mi fu mai possibile di poter pagar il debito sopradetto se non otto mesi doppo la sua condannatione.

Però non essendo messo nelle sententie queste clausule per altro che per astringer i poveri condannati a dover presto pagare, da poi che io con tanta discommodità ho pagato il tutto, hormai sono 16 mesi, come si vede nell’officio di Vostre Signorie Illustrissime. Hora le supplico con prieghi lagrimevoli et viduali et per le viscere del Signor Nostro che cominciando il tempo delli dui anni della sua confinatione dal dì della sententia et dal pagamento ch’io feci (seguito come di sopra ho detto), per la mia estrema impotentia otto mesi da poi, le mi concedino gratia che questi otto mesi vadino a conto delli doi anni sopradetti et che così a 27 dell’istante mese d’agosto che saranno due mesi et mezzo che io povera et compassionevole vedoa resto priva di mio figliolo et che esso ha tanto patito et tuttavia patisce in quelle prigioni, el possa esser liberato da una così lunga pena di prigionia nella quale egli è incorso per così poco et leggierissimo dallo. Accioché io restituitomi parte delle mie viscere se in questo tempo paresse al Signore di chiamarmi, possa morir contenta. Et fra tanto pregar il Signor Giesù Christo le opere pietosissime del quale sono dalle Signorie Vostre Illustrissime sempre così misericordiosamente imitate per l’altezza et gloria di questa benedetta Republica et alla buona gratia di Vostre Signorie Eccelentissime humilmente mi raccomando.

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