Serenissimo Principe, Illustrissima Signoria
Comparemo avanti Vostra Serenità noi fratelli Zudenici, insieme con la madre vedova, esponendoli qualmente il nostro magnifico conte et capitano di Arbe si ha mostrato, et tuttavia si mostra, nostro inimicissimo, che per la conversatione et conviti che tiene con nostri nemici fa danno a noi poveri fratelli.
Et per satisfar et compiacer li diti nostri nemici n’ha fatto più volte mandati diffinitivi, non volendo aldir le nostre ragioni.
Et havendo noi frattelli fatto parole con un cogitor della cancelleria, il padre del dito n’assaltò con una spada per amazarne.
Il dito magnifico conte non volse formar processo contra suo padre, né meno contra il sudetto suo cogitor, et per mostrar il mal animo che tiene verso noi frattelli andò la mattina dal reverendissimo vescovo d’Arbe pregandolo che volesse procieder contra un nostro fratello prete et castigarlo, havendo dito magnifico conte fatto esaminar contra detto prete nostro frattello.
Nel qual contrasto fu menzonato il suo cancellier. Dil che sua magnificenza n’hebbe a male di questo et subito fece esaminar, se non impalazo, per esser sua magnificencia interessata per il suo cancelliero, et anco detto cancelliero tiene comparesimo con un nostro nemico.
Essendo stato chiamato a diffesa un nostro frattello per parole fatte con un suo compagno, havendo dato il detto le sue diffese, esso magnifico conte disse tutto quello si conteniva publicamente in detta diffesa, davanti li nostri adversari, essendo troppo amicissimi.
Et un orgenista, homo adultero che tien la moglie d’un altro con scomunicha ad esso fatta, non sapendo noi poveri frattelli la causa, fussimo asaltati dal dito organista con una meza spada, et uno dei nostri frattelli li tolse la detta spada et lui se ne fugì.
Dil che Vostra Serenità puol manifestamente veder come a torto noi poveri frattelli siamo perseguitati da nostri nemici troppo favoriti dal detto magnifico conte.
Però supplichiamo Vostra Serenità, tolte sopra di ciò quelle giustificationi che la giudicharà convenirsi, sia contenta delegar a qual si voglia suo clarissimo rappresentante tutte le nostre cause, sì civil come criminali, tam active quam passive, acciochè siano giudicate da giudice non sospetto, acciò che noi possiamo usar le nostre raggioni.
Et alla sua buona gratia humilmente si raccomandiamo.
1577 20 augusti
Che rispondi il rettor di Vegia…
(filza 332)