Lo schema presenta le caratteristiche principali delle due forme di giustizia che si sono definite comunitaria e nuova giustizia punitiva (nella dimensione stato). Nella prima dimensione si può cogliere che ci sono sostanzialmente due istanze: una forma di giustizia compromissioria e una forma di giustizia punitiva. Entrambe appartengono a contesti politici e sociali che, pur essendo variegati e variamente frammentati, si caratterizzano per la loro specificità comunitaria. Si tratta di dimensioni che nascono nel Medioevo, ma sopravivono a lungo anche nelle nuove realtà territoriali (dello stato giurisdizionale). Un esempio significativo della loro permanenza si ha (nel sito) nei dati presentati dall’inchiesta promossa dal Consiglio dei dieci sul banditismo agli inizi del Seicento (in particolare per Brescia). La dimensione comunitaria della giustizia verrà investita, a partire dal Cinquecento, dalla nuova giustizia punitiva che muoverà dai centri dominanti e si caratterizza per la sua estensione territoriale e per i suoi valori che, in un certo senso, si possono definire di ordine pubblico. L’antica giustizia comunitaria sopravviverà a lungo soprattutto nelle sue dinamiche compromissorie, mentre verrà meno proprio nella sua accezione punitiva, sostituita rapidamente dalla logica della nuova giustizia punitiva. Anche quando nei tribunali locali si noterà (nel ‘600 e ‘700) un’autonoma iniziativa puntiva (cioè non controllata direttamente dal centro tramite le deleghe) si potrà notare che essa ha ormai preso a prestito taluni moduli di quest’ultima ed ha comunque una valenza politica ed egemonica contenuta.
Le dimensioni della giustizia comunitaria, proprio perché specifiche dello stato giurisdizionale, erano estremamente variegate, anche se, ad unificarle, sul piano simbolico e semantico, era il linguaggio del diritto comune e l’attività interpretativa dei giuristi che a quel diritto si rifacevano. Nello schema si è cercato di sintetizzare questa variegazione, considerando tre tipologie: quella delle grandi città, dotate di collegi di giuristi e provviste di magistrature dallo spiccato profilo politico. Città che esercitavano la loro giurisdizione su un territorio più o meno esteso. In questa tipologia la dimensione punitiva della giustizia penale era ampiamente avallata dal predominio di un ceto aristocratico e dal dominio esercitato sul territorio. La dimensione compromissoria è nettamente percettibile, in questo caso, nei riti processuali volti a mediare i conflitti di faida che hanno come protagonisti membri dell’aristocrazia. Mentre il suo volto punitivo è decisamente sottolineato nei confronti dei ceti sottoposti. Un’altra tipologia è costituita dai centri minori: centri cioè retti da un ceto dirigente dal profilo ancora incerto sul piano dell’esclusività. Centri in cui non esiste ovviamente un collegio di giuristi, anche se vi operano attivamente gruppi di giuristi-avvocati. E’ in questa tipologia che le due dimensioni (compromissoria e punitiva) dialogano contraddittoriamente. Ma è pure qui che, per l’azione incisiva ed intrusiva degli avvocati, più è possibile scorgere l’interferenza di magistrature come l’Avogaria di comun e gli Auditori novi. Infine, la terza tipologia, costituita dalle giurisdizioni signorili, dotate, molto spesso di una giurisdizione ampia estesa agli appelli. Si tratta comunque di giurisdizioni estremamente contenute sul piano territoriale e assai fragili sul piano della dimensione punitiva. E’ interessante notare come, anche qui, l’amministrazione della giustizia, sia civile che penale, venga affidata a giuristi di diritto comune.
L’incisività della nuova giustizia punitiva si esprimerà non solo nella diversità e severità delle pene (abbandonando o trasformando quelle tradizionali), ma soprattutto interferendo sensibilmente nei riti processuali, i quali nelle antiche forme di giustizia comunitaria esprimevano soprattutto l’esigenza di organizzare e contemperare il sistema di faida locale.