Serenissimo Prencipe, Illustrissima Signoria
Non è delitto che commetter possa l’huomo, nè più grave nè più reprensibile et corrigibile quanto è quello che essendosi un huomo raccomandato alla fede et protettione d’uno avocato, spiegandoli tutti i suoi pensieri et bisogni, con reconoscimento di quella cortesia che egli deve, a fin che con fede et lealtà lo servi in esse sue calamità et travagli, lo tradisca per ingordigia di guadagno, non solamente publicando et dinotando all’adversario suo tutte le sue ragioni et suoi ogetti, ma etiamdio privandolo delle sue scritture, dandole in poter dei suoi adversari, a fin che con ingiusto mezo sii privo della poca sustanza et haver suo.
Questo è occorso a me povera et infelice Laura Capitella sorella del quondam messer Francesco Capitello et moglie di messer Nicolò Sartore, habitante nella vostra città di Padova.
Che havendo il quondam mio fratello affittato otto campi de terra posti nella villa di Sabioncella territorio di essa città, ad un Agnolo Menegazzo il quale andando debitore per il fitto dell’anno 1573 fu astretto dopo haverlo ricercato più et più volte a far la debita satisfattione, l’anno 1577 sette gennaro, farlo pegnorare, parve a quelli che intravengono per il vescoado di Padoa tuor il giuditio in sè, asserendo esso vescoado esser padrone di detti miei campi.
Il povero di mio fratello ricorse all’eccellente messer Alessandro Fortezza per consulto, portandoli una quantità de scritture acciochè trovasse li acquisti, titoli et ragion nostre et diffenderci la causa, usandoli quella cortesia che egli puotè.
Si contestò la lite avanti il vicario del clarissimo podestà et diffese sua eccellenza la causa così bene che seguì sententia a favor nostro l’anno 1578, 10 gennaro.
Quelli del vescovado s’appellorno de ditta sententia al clarissimo podestà et furono formati longhissimi processi.
L’eccellente messer Marcantonio Pellegrini vicentino avocato del vescovado, conoscendo che non poteva diffendere essa causa, s’immaginò d’indurre esso eccellente Fortezza a doverci tradire (confidatosi nell’amicitia che havea seco et per l’obligo che egli Fortezza li teniva per haver da lui imparato le pratiche del palazzo).
Et trattato questo suo pensiero seco, non solamente ci mancò della difesa, ma tutte le nsotre scritture appartinenti alla nostra casa dette in poter et nelle mani dei nostri adversari, tollendo la cura et la protettione insieme con esso Pelegrini della diffesa di detta causa contro di noi miseri, il qual publicamente diffese essa causa come per scritture publice chiaramente appar.
Noi miseri, avvedutosi di questa sua infedeltà, più et più volte habbiamo ricercato esso eccellente Fortezza a darci le nostre scritture, le quali con faccia aperta se l’ha denegate, fingendo haverle perdute.
Per le qual triste operationi l’eccellente vicario del clarissimo Alvise Grimani hora podestà, come giudice dellegato a 23 di febraro prossimamente passato tagliò essa sententia a nostro favor seguita et con questi modi indiretti et strani io povera et infelice donna son stata privata di quelli beni et sustanze che devevano essere nutrimento di me misera et della mia povera famiglia.
Desiderando io conseguir le mie scritture per poter diffender la causa mia et far che esso eccellente Fortezza per l’infedeltà sua et assassinamento commesso contra me povera sii col mezo della giustitia castigato, considerando l’auttorità et parentella sua nella città di Padova, considerando la parentella del clarissimo podestà con monsignor reverendissimo vescovo di Padoa, il non trovar avocati che mi vogliano diffender, le dipendentie che et esso Fortezza et Pellegrini hanno con li nodari di essa città et parimenti con dui giudici et cancelliero vicentini, compatriotti et strettissimi amici di esso Pellegrini (et forse anco parenti), instrumento di così fatto assassinamento, mi hanno necessitato comparer a piedi di Vostra Serenità et riverentemente supplicarla che tolta informatione dalli clarissimi signori Avogadori di comun di quanto con verità gli ho esposto, si degni dellegar esso caso all’officio clarissimo dell’Avogaria, dal qual mi sarà fatta giustitia essemplare et conseguirò il mio così malamente toltomi, nè l’auttorità di questi infideli huomini gli gioverà.
Et io misera trovarò avocati che fedelmente mi diffenderanno.
Et a Vostra Serenità inchinevolmente mi raccomando.
1581 18 maggio
Che alla sopradetta supplicatione rispondi il capitano di Padova…
(filza 335)