La vertenza giudiziaria inerente la legittimità di Euriemma proseguì ancora per diversi anni, trasferendosi nei tribunali della Dominante. I testimoni vennero escussi nuovamente e le loro deposizioni furono più precise ed articolate. L’archivio della famiglia Caldogno ha tra le sue carte pure un documento steso dagli avvocati di Euriemma (probabilmente intorno al 1609) in merito all’assunzione delle testimonianze:
Molto illustrissimo et eccelentissimo signor Vicario,
Nella legitimatione degli interrogatori fatti per la magnifica signora Ludovica Ghelina resterà servita vostra signoria molto illustrissima per giustitia haver riguardo che in pregiudicio dell’illustrissimo signor Scipion Caldogno, marito della illustre signora Euriema Saracina non restino admissi quelli che concernessero alcun particolare fuori del capitolo.
Nel che, quantonque alla sua suprema intelligenza sia superfluo il ricordare alcuna cosa, nondimeno più per instruttione del fatto che per altro rispetto se le dice:
Che havendo formato esso signor Scipion il capitolo per provare che fosse stato celebrato il matrimonio l’anno 1577 tra il quondam magnifico dominus Pietro Saracino et la quondam magnifica signora Trivultia Brazzoduro, non è interrogatorio reale né pertinente al capitolo quello che richiedesse alli testimoni:
Se sanno che tra essi signor Pietro et signora Trivultia vi fosse alcuna parentela. Né meno:
Se sanno che tra essi signor Pietro et signora Trivultia non vi potesse di ragione per la consanguineità esser matrimonio. Né meno:
Se credano che essendo li detti signor Pietro et signora Trivultia parenti in quarto grado il detto matrimonio sia stato valido.
Percioché queste sono interrogationi tutte fuori del capitolo, le quali dal canto della signora Ludovica haveriano bisogno di esser ridotte in capitoli, non essendo conveniente che gli interrogatori ad alcuno servano anco in luogo di capitolatione. Sia dunque lecito ad essa signora l’interrogar della causa della verità, del tempo, del luogo, delli presenti et altre simil circonstantie.
Inoltre non saria in questo caso admissibile lo infrascritto interrogatorio:
Se pensano che il matrimonio tra esso signor Pietro et signora Trivultia celebrato fosse nullo per non esser stato fatto con la presentia del proprio paroco.
Percioché questa è cosa che consiste nelle dispositioni della ragione et non altrimente nel senso del testimonio.
Parimente quando altri simili o dipendenti da questi et concernenti la nullità del matrimonio predetto venissero inserti per la detta signora Ludovica, fa instantia il sudetto signor Scipione che non siano admessi ma rigietti per le ragioni sudette; et molto più mentre concernessero altra cosa più separata et divisa dalla serie del capitolo presentato.
Et alla buona gratia di vostra molto illustrissima et eccelentissima si raccomandano.
Il 6 febbraio 1610 i tre Capi delle Quarantie scrissero al podestà di Vicenza Antonio Marcello, ordinandogli l’assunzione degli otto testimoni indicati da Euriemma Saraceno a sostegno del capitolo da lei presentato per attestare la propria legittimità. Il 21 febbraio 1610 il podestà trasmise le loro deposizioni:
1) Il conte Iseppo Da Porto di Giovanni:
Sono anni trentatre in circa che la signora Trivultia morse nel loco del Finale, come nel capitolo; et era stata con il quondam signior Pietro Saracino, non so se tre, quatro, cinque anni prima che il signor Pietro andò ad habitare, credo, in casa de detta signora Trivultia a Noenta. In quanto al ponto de haverla per moglie dico che essa signora Trivultia molte volte mi disse, essendo io andato spesso a ritrovar detto signor Pietro a Noenta, il quale era mio germano, che è figliolo della magnifica signora Euriema, che fu sorella de mio padre, mi disse, dico, molte volte detta signora Trivultia che il signor Pietro l’haveva racolto in casa, che altrimenti non l’haverebbe fatto, et mi pregò che dovessi far offitio con detto signor Pietro acciò affirmasse la promessa; il che tentai et procurai altre volte efficacemente et tanto maggiormente doppo che naque la presente signora Euriema, che mi fa essaminare. Et egli, non negando la promessa, andava defferendo, con dir che non era ancora il tempo et ben farebbe et direbbe. Sopra che molte volte hebbi parole alterate con detta signora, che continuamente faceva instantia che si effettuasse il matrimonio, sino che, essendo venuto ad habitare il signor Pietro al Finale in casa sua, la condusse seco, dove infermatasi detta signora, credo del 1577, in tempo che per bona sorte io me abbatei esser con detto signor Pietro, che spesso da me, come di sopra, era visitato; et peggiorando in modo che pocho si sperava della sua vita, preghò me essa signora et il reverendo mieser pre Francesco Aquani, familiarissimo del detto signor Pietro et mio ancora, che allhora si ritrovava ivi, che di gratia et per l’amor de Dio facessimo l’ultimo sforzo per farla sposare, acciò morisse contenta et restasse legitima la commune figliola. Per il che esso reverendo et io efficacissimamente pregassimo et supplichassimo detto signor Pietro in questo ponto di morte volesse dar questa giusta et honesta satisfatione a questa gentildonna, acciò non morisse disperata et per la legitimatione della figliola, acciò con più sodisfatione potesse testare. Per il che esso signor Pietro si dispose farlo, ma con patto che noi doi soli fossimo presenti et che non lo divulgassimo per allhora, per alcuni suoi rispetti che non disse; et così lo promettessimo. Onde, andati al letto d’essa signora et stando lei in sentone alta, facendo le parole il predetto reverendo Aquani, esso signor Pietro la sposò con un anello che se ben mi ricordo era del detto reverendo Aquani. Per il che la povera gentildonna restò consolatissima et mi pare che pocho doppoi testasse. Et credo che la medesima note testasse et questo è quanto posso dir intorno a questo capitulo, aggiongendo che la trattò sempre da gentildonna, sebene che, essendo detto signor Pietro molto terribile de sua testa, bravava speso con lei et anco credo che la batteva.
Et super interrogationis alterius partis interrogatus: se sua magnifitentia sa de che anno venisse a morte il quondam signor Alvise Loscho dottore, marito della signora Trivultia. Rispose: non lo so.
Interogatus: se sa quanto tempo doppo la morte del detto signor Alvise capitasse detta signora Trivultia nelle mani del detto signor Pietro et con qual occasione.
Rispose: io non so quanto tempo doppoi, cioè se stesse uno, dui o tre anni, ma so d’haver inteso che detto signor Pietro li faceva l’amor et che essendo restatti d’accordo, come diceva la signora Trivultia, et esso signor Pietro non negava di sposarla lo racolse in casa, ma non so il tempo a ponto.
Dicens interogatus: credo che detta signora Trivultia, che non l’affermo, stesse nelle mani del detto signor Pietro, quattro o cinque anni prima che venisse a morte, del che mi riporto al vero.
Interogatus: se esso signor Pietro la teniva nella città overo in villa continuamente et come la trattasse.
Respose: ho detto che detto signor Pietro andò prima in casa de detta signora Trivultia a Noventa, dove stette alquanti anni, quanti non lo so, et poi la condusse al Finale, né so, né che la conducesse mai alla città. Et quanto al trattamento replico che la honorava da gentildonna, ma che però anco alle volte, essendo detto signor Pietro de sua testa et terribile, cridava con lei et credo anco che qualche volta la batesse.
Interogatus: che dechiari se il signor Pietro et la signora Trivultia, mentre stettero insieme, si confesassero et si comunicassero da qual sacerdote et in che chiesa.
Rispose: io non so che il signor Pietro si confesasse o non, perché non stavo sempre ivi, né meno la signora Trivultia; so bene che essa si confessò nell’ultima sua infermità et hebbe anco l’altri sacramenti. Et questo so perché io mi attrovai a quel ponto in casa loro al Final.
Interogatus: de che anno, giorno et a che hora et in qual locho particolarmente fosse sposata la sopradetta signora Trivultia.
Rispose: sì. come ho detto di sopra, credo fosse del 1577, il tempo non lo so precise, ma erano le notte longhe, né so se fosse di quadragesima, mi riporto alla verità. Et al tempo della sua morte, che si caverà dal suo testamento, poiché morse la medema notte, l’hora circa un’hora e mezza o due di notte, in una stantia che non mi ricordo se fosse in terreno overo in solaro, per esser tanto tempo; ma se io fossi in quella casa conoscerei il loco.
Interogatus: sotto qual parochia fosse il locho dove fu sposata, come ha detto, et dove fosse l’habitatione del parocho.
Respose: il Finale è membro credo dell’Agugliaro, dove sole habitare il parochiano.
Dicens interogatus: non fu il parochiano, come ho detto, che facesse le parole, ma il sopradetto reverendo Aquani, qual faceva residentia nel domo di Vicenza.
Interogatus: quanto fosse distante la parrochia del loco dove disse che fu sposata la signora Trivultia.
Rispose: credo che sia un miglio in circa.
Dicens interogatus: che io vedessi non furono altri presenti al sponsalitio et sì come ho detto, ne comandò che tacessimo, ma però io l’ho sempre detto a chi me lo ha adimandato in vita et doppo morte del signor Pietro.
Interogatus respose: fu sposata, come ho detto,, con uno anello credo del reverendo Aquani, non mi ricordo mo’ se li fosse lasciato in detto, overo portatto via.
Dicens interogatus: detta signora Trivultia, doppo sposata, fecce il suo testamento, come ho predetto, et se ben mi ricordo non visse più di sette o otto hore doppo sposata, perché morì quella notte venendo il giorno.
Interogatus: se vi fu fatta notta o rogito de tal sponsalitio o nelli libri del parrocho o altrove et se furonno rogati testimoni.
Respose: non fu fatta altra nota che io sappi et repplico che esso signor Pietro voleva che si tenesse secreto per allhora, per certi suoi rispetti che non disse.
Interogatus: se quando sua magnificantia parlò ad instantia della signora Trivultia al signor Pietro perché la sposasse vi erano altri testimoni.
Respose: molte volte ho fatto l’offitio mi solo et altre volte con la presencia del sopradetto reverendo Aquani, che del medesimo era pregato dalla sudetta signora et che mi aggiutava in ciò molto gagliardamente. Et credo possi esser che egli ne habbi parlato anco alla presencia de un messer Georgio che stava in casa de esso signor Pietro.
Interogatus: se sua magnificantia sia statta altre volte essaminata sopra questo medesmo fatto et in che loco et da chi fu ricercato.
Respondit: io sonno statto essaminato un’altra volta in questo palazo, ma non ho memoria da chi; fu bene essaminato ad instantia di essa signora Euriema che me ne fecce pregar per il signor Scipion Caldogno suo marito.
Ad generalia dixit: son d’età d’anni sessanta compiti et al tempo della morte della signora Trivultia io habitava continuamente in Vicenza et ho li miei beni in Vivaro distanti dal Finale miglia vintidue in vintitre et da Noventa 24 in 25. Et li beni del signor Pietro sono distanti dalla città miglia disdotto et come ho predetto son parente. Son zio della signora Euriema rispetto a suo padre che fu mio germano, sì come son germano della signora Ludovica relicta del signor Gerolamo Ghellino, che fu sorella del sopradetto signor Pietro.
Dicens interogatus: li miei benni da Vivaro sonno poco discosti da quelli delli signori Caldogni a Caldogno, neintedimeno chiamo Iddio in testimonio che ho detto la pura e mera verità, senza rispetto di alcuna persona, essendo così strettamente interessato con l’una et l’altra parte come cugnato del magnifico signor Giulio Ghellin kavalier et parente del magnifico dominus Antonio Maria Porto, generi della magnifica Lodovica mia germana.
2) Battista Battagiola qondam Luca (16 febbraio 1610):
Super dicto capitulo dicit:
Quanto io possa dir sopra questo capitulo è che attrovandosi il quondam signor Pietro Saraceno dell’anno 1589 sotto il regimento dell’illustrissimo Vetturi, presentato et stando alla obedientia in casa di me testimonio, venne un Losco fratello del quondam signor Desiderio, qual credo haveva nome signor Alvise, il quale haveva da restituir al detto signor Pietro parte della dote della quondam signora Trivultia et mi preghò a far offitio con detto signor Pietro che volesse aspettarli mesi sei a far tal pagamento, sì come anco otteni da lui et con questa occasione esso signor Pietro mi disse, come in ponto di morte haveva sposata la detta signora Trivultia madre della signora Euriema che mi fa esaminar. Et quanto al resto del capitulo non posso dir altro se non che ritrovandomi una volta in Venetia, dove stetti quarantasetti giorni per miei negotii, ritrovandomi in casa del quondam Gasparo Cereda, onde io ordinariamente habitava et dove si ritrovava anco il quondam reverendo pre Francesco Aquani, qual praticava in domo, esso pre Francesco mi hebbe a dire che fu pure a questo sponsalitio, non mi ricordo mo’ che mi dicesse il tempo, né meno che fusse fatto nel loco del Finale. Et haec…
Super interogatoriis alterius partis interogatus: con che occasione esso reverendo dicesse a se testimonio d’esser stato presente al sponsalitio sopradetto.
Respondit. Essendo noi a tavola cominciò D.Gasparo Cereda a ragionar del signor Pietro Saracino che era suo cliente de alcune litti che havea. Et con tal occasione detto reverendo entrò a raggionare di questo sponsalitio.
Dicens interogatus: detto reverendo mi disse d’esser statto egli presente et anco un Batista detto Titta Vezaro.
Dicens ex se: hanno il magnifico signor Iseppo Porto che è suo parente stretto, perché era germano del quondam signor Pietro, qual facilmente deve saper ogni cosa et vanno cercando testimoni.
Interogatus: se sa o ha inteso chi fosse il curatto et sacerdote che facesse il contratto et le parole solite.
Respondit: il Finale è sotto l’Agugliaro et non sapria dirne chi facesse le parole del contratto.
Dicens interogatus: io non so di che tempo fosse celebrato detto sponsalitio et se mi fosse statto anco detto hora non me lo aricordo.
Interogatus: de che anno, mese, giorno detto reverendo dicesse a se testimonio le parole sudette.
Respondit: fu nel tempo che era podestà il quondam clarissimo signor benetto Zorzi et fu del mese di maggio, ma non mi racordo il giorno et vi si trovorno presenti detto Gasparo et il quondam messer Francesco Castelano, qual era allogiato anco egli in detta casa.
Interogatus de che tempo venisse il Loscho fratello del signor Desiderio a domandar a sé testimonio quanto ha deposto, chi si trovassero presenti et che nome havesse et che quantità del denaro era debito.
Respondit: io certo non mi ricordo altro del tempo, salvo che fu l’anno 1589 et non mi ricordo ben se vi fosse alcun presente, né il nome di esso Loscho, ma stava a Barbaran et era statto per innanti alla Mirandola et per quanto egli mi disse era debitor de ducati seicento in circa.
Interogatus respondit: signor sì che benissimo conosceva il quondam signor Alvise Loscho dottor, marito della signora Trivultia, sì come ho conosciuto anco essa signora Trivultia.
Interogatus: se sa quanto tempo doppo la morte del signor Alvise detta signora Trivultia capitasse alle mani del detto signor Pietro, in che locho et con qual occasione.
Respondit: signor no che non lo so.
Interogatus: se sa, overo ha inteso quanto tempo detta signora Trivultia stesse nelle mani di esso signor Pietro prima che venisse a morte et se la teniva nella città, overo nella villa continuamente.
Respondit. di tutto questo non ve ne so dir niente de vera scientia, ma dirò ben che stando il signor Pietro continuamente in villa è da creder che tenesse anco ivi detta signora Trivultia.
Dicens: Io se ben conosceva il signor Pietro in quel tempo non havea però sua praticha che cominciai haverla solamente l’anno 1589.
Dicens interogatus: signor no che non so quanto tempo vivesse la signora Trivultia doppo che fu sposata.
Interogatus: se esso testimonio sia statto ricerchato ad essaminarsi anco altre volte in questa causa et sia anco statto essaminato sopra questo medesmo fatto, in che locho.
Respondit. altre volte fui mandato a chiamare dalla signora Euriema sotto il reggimento dell’illustrissimo Badoero et perché io allhora ero travagliato dalle gotte dissi che non poteva andarli et che se sua signoria vuoleva qualche cosa da me, me lo facesse sapere. Et così venne il magnifico signor Scipion Caldogno suo marito et mi ricerchò a volermi essaminare sopra questo fatto et così fui essaminato per il signor cancelliero del detto illustrissimo Badoero.
Interogatus quomodo pervenerit ad aures ipsius magnifice dominae Eurieme se testem scire praedicta.
Respondit. non vi posso dir altro.
Super generalibus interogatus de eius aetate respondit io son d’età de anni sessantanove compiti, tamen in reliquis etc.
3) Il nobil d. Antonio Maria Dalle ore quondam Pietroboni:
Dixit: io son stato esaminato un’altra volta sopra questo fatto in cancellaria dell’illustrissimo signor podestà et vi dirò in due parole quel che io so de questo fatto. Et è questo: che essendo io andato una volta a Noenta in casa del quondam miser Piero, Francesco Calza mio cugnato, marito de una mia sorella, essendo venuto in casa disse: ‘sia laudato Iddio, il signor Pietro Saracino l’ha pure sposata’, et non disse altro. Le qual parole le disse verso mia sorella et me.
Dicens: detto mio cugnato era amicissimo del signor Pietro Saracino et pratichavano strettamente insieme et de questo non mi raccordo né giorno, né l’anno, né hora.
Super interogationis alterius partis interrogatus: se haveva praticha del signor Piero Saracino et signora Trivultia capitualta.
Respondit: io li conosceva per vista, ma haveva sua praticha.
Respondit interogatus: intesi che doppo la morte del quondam signor Alvise Losco, il signor Pietro Saracino haveva havuto […] con detta signora Trivultia et che havesse sua praticha sotto pretesto di parentella, ma non so dirvi altro particulare de questo.
Respondit interogatus: non so dirvi per quanto tempo essa signora Trivultia stette nelle mani del signor Piero, ma esso stava nel continuo in villa et credo anco essa stava seco, né so dirvi come la tratasse, né ho inteso niente, né meno so dirvi se essi signor Pietro et signora trivultia si incontrassero e comunichassero.
Interogatus: se […] detto quonda suo cugnato venne et disse quelle parole ‘sia laudo Dio, l’ha pur sposata’ era de mattina et de sera.
Respondit: certo non me lo arecordo.
Dicens interogatus: mi raccordo ben che non vi erano altri presenti che la quondam mia sorella et io testimonio.
Interogatus respondit. io certo non so da che locho venisse detto mio cugnato quando disse le parole predete, ma nel mio credere doveva venire da casa del detto signor Piero, perché spesso pratichava seco.
Interogatus: se esso testimonio ricerchasse detto suo cugnato in che modo sapesse o havesse inteso che detto signor Pietro havesse sposata la signora Trivultia come ha deposto et se sopra ciò ricercò di intender alcun particular dal detto suo cugnato, come è verisimile.
Respondit: certo, non intesi altro circa ciò, né li addimandai perché non me tocava più che tanto.
Interogatus quomodo pervenerit ad aures producientis se testem scire […]
Respondit: de […], esser sette in otto anni che essendomi io abbattuto a raggionare con domino Francesco Ceraro, procurator delli signori Caldogni, intorno a questo fatto, mi alarghai anco io a dirli che havevo inteso questo particulare et cossì l’haveran saputo.
Interogatus quanto tempo sia che fusse essaminato, come ha deposto.
Respondit: credo che fusse esamenato quasi subito o pocho dopo. Et aliud etc.
Ad generalia dicens: io son di ettà anni settanta sette compitti et in reliquis etc.
4) Magnifica domina Aurelia vedova in primo matrimonio del magnifico Alvise Reame e in secondo del magnifico Bartolomeo Orefice.
Interogata ut ante […] dixit:
Quanto io so sopra questo capitolo è questo. Che essendo io moglie del quondam signor Alvise Reame mio primo marito, havendo le nostre possessioni et habitationi su qeullo de Pogiana, ma poiché lontane da Noenta, poiché andavimo ad udir messa a Noenta, essendo in quei tempi venuto a morte il magnifico signior Alvise Losco dottore, maritto della signora Trivultia, il quondam signior Pietro Saracino cominciò a farle l’amore a detta signora Trivultia et farli sugestione. Et finalmente la povera gentildona, con promesse a lei fatte, si lasciò indurre avanti che la sposasse ad accettarlo in casa sua, dove poi li stette anco più da un anno, dove anco nel loco de Noenta partorì la signora Euriema, che mi fa esaminare, la quale io teni a batesimo insieme con il clarissimo signior Antonio Manello et un’altra gentildonna. Il qual signior Pietro teneva et trattava detta signora Trivultia come moglie, tenendoli donzella et massara, né alcuna gentildona restava de praticar seco. Et dopo si levorno da Noenta et andorno ad habitare al Finale. Alla quale signora Trivultia venne una infirmità grave nella quale essa preghò detto signior Pietro a dover sposarla et darli questo contento. Et intesi anco da diversi de Noenta che l’haveva sposata, perché allhora io stava lontana tre miglia dal Finale. Et volendo andar ad allegrarmi seco intesi poi che era morta et […].
Super interogatoriis alterius partis interogata respondit: io non so dirvi quanto tempo doppo la morte del detto signior Alvise essa signora Trivultia capitasse nelle mani del signior Pietro.
Interogata: con qual occasione.
Respondit: io nol vel sapria dir certo, ma non credo che non passasse un anno certo doppo la morte del signior Alvise. ma esso signior Pietro veniva là a Noenta a messa et pratichava ivi per Noenta et intesi dire che la madre di essa signora Trivultia era Sarasina, che non so poi se tra di loro vi fusse parentado.
Interogata: quanto tempo detta signiora Trivultia stette nelle mani del signior Pietro prima che venisse a morte.
respondit. io non so certo, ma credo vi stete pocho perché come hebbe parturito la puttina a Noenta andarono poi al Finale et pochi mesi dopo s’infermò et morì, che credo morisse là al principio de marzo.
Dicens interogata: io non so certo se la signora Trivultia et signor Piero si confessorno et communicorno et perché non habitavano tutti sotto una parochia.
Interogata: come sapesse che il signior Pietro promettesse alla signora Trivultia de sposarla.
Respondit: perché essa me lo diceva.
Dicens interogata: io non sapria nominarci particularmente alcuno da cui habbi inteso come ho predetto de il signior Piero sposasse la signora Trivultia, né chi fusse il parochiano che la sposò, ma si diceva l’haveva sposata al Finale in casa sua.
Interogata: quanto tempo vivesse la signora Trivultia per quanto habbi inteso dopo che fu sposata.
Respondit: credo che vivesse pocho tempo perché guarì più de quella infirmità et non intesi se vi eran statti presenti testimoni al sponsalitio.
Et interogata respondit: detta signora Trivultia diceva, benché il signior Pietro era un cervello teribile, ma però non intesi che li facesse cattiva compagnia.
Dicens: bisognava che lei tacesse.
Interogata se essa testimonia sia stata altre volte esaminata copra questo medesimo fatto et ad instantia de chi.
Respondit. signior sì, sono stata esaminata un’altra volta qui in questa camera, non so se già un anno o quanto a domanda del signor Scipion Caldogno. Et aliud etc.
Ad generalia dixit: io son di ettà di anni sessanta uno et al tempo che ho deposto habitavo là in Noenta distanti dal Finale circa miglia tre et ho tenuto a batesimo la signora Euriema, come ho predetto, tamen et in relinquis etc.
Giovedì 18 febbraio 1610.
5) Domina Antonia vedova di Giovan Battista Togneti di Pavarano, ma abitante a Vicenza.
Super ipso capitulo dixit: mentre viveva il quondam mio maritto habitavimo al Pavaran, nel qual locho egli faceva beccaria distante solamente mezo miglio in circa dal Finale. Nel qual tempo detto mio marito praticava in casa del quondam signor Piero Saracino et mi raccordo che un giorno venendo in casa mi disse: ‘sia laudato Iddio, il signior Pietro ha pur sposato la signora Trivultia’. Et addimandandoli io chi vi fussero stati presenti, esso mi disse il conte Iseppo Porto, il prette Aquani et esso mio maritto. Che mo’ esso signior Piero tenesse in casa essa signora Trivultia et la trattasse come moglie et con promessa de sposarla questo non lo so. Et haec etc.
Super interogatoriis alterius partis interogata: de che tempo era quando deto suo marito vene a casa et li disse quanto ha deposto, cioé se d’estate o d’inverno.
Respondit: io non me lo arecordo, ma so ben che era di giorno.
Dicens interogata: detto mio marito veniva allhora dalla casa del signior Pietro, al quale non so ben se haveva portato carne, che li era andato la mattina, et ritornò a casa quel giorno. Et quanto a me ho animo che se non quel giorno l’haveva sposata.
Dicens interogata: signior sì che io haveva cognitione d’essa signora Trivultia, anco quando la stava a Noenta, che io stessa li portavo della carne a casa, ma non havemo mingha conosciuto il signiro Alvise Losco suo marito.
Et interogata respondit: io non ho havuto cognitione della signora Trivultia se non doppo che era nelle mani del signior Pietro.
Interogata: in che locho et con che occasione essa capitasse alle mani di esso signior Piero.
respondit: non vi so dire.
Interogata: se quanto tempo essa signora Trivultia sia stata nelle mani del signor Pietro avanti che venisse a morte.
Respose: io non lo so.
Dicens interogata: detta signora Trivultia stete sempre in villa con detto signor Piero, ma non so dirvi come la trattasse, perché dal portarli qualche volta della carne in poi, mentre lei stava a Noenta io non li pratticava per casa.
Interogata: quanto tempo sopra venisse essa signora Trivultia dopo che suo marito li disse che il signior Pietro l’haveva sposata.
Respondit: io certo non lo so.
Dicens interogata: essa signora Trivultia fu sposata al Finale, non so dirvi se fusse in casa del signior Pietro o dove.
Interogata chi fosse quello che faceva le bele parole et se fosse il parochiano del loco che intervenisse al sponsalitio.
Respondit: io non so altro se non che mio maritto mi disse cioé che il conte Iseppo Porto, il prete Aquani et detto mio maritto eran stati presenti al detto sponsalitio.
Dicens interogata: il Finale è sotto la parochia dell’Agugiaro et non credo vi sia distantia un meglio da un loco all’altro.
Interogata: se vi fu alcuno presente quando suo marito li racontò di questo sponsalitio.
Respondit: signor no, erimo noi da solli in casa.
Interogata: come sia pervenuto a notitia della signora Euriema, overo del signior Scipion suo maritto che essa testimonia sapesse quanto ha deposto.
respondit: non vel sapria dire.
Dicens interogata: signior sì che son stata esaminata un’altra volta sopra questo fatto già due o tre anni, che ben non mi raccordo, là in quella camera in fazza, mostrando la cancellaria. Et alias etc.
Ad generalia dixit: io debbo esser di ettà d’anni sessanta sei in circa, tament et in reliquis recte etc.
6) Domina Aquilina moglie di domino Leonardo De Gasperini.
Super primo capitulo dixit. io non so altro se non quello che ho inteso dalla bocha del quondam reverendo Francesco Aquani mio fratello, qual era sacerdote et mansonario della chiesa catredale de questa città, qual mi ha detto che essendo stata la quondam signora Trivultia, madre della signora Euriema che mi fa esaminare, certo tempo con il quondam signior Piero Saracino, essendossi finalmente amalata de infirmità, della quale morse, esso signior Piero la posò nel loco del Finale et che esso mio fratello l’haveva dato l’anello da sposarla.
Dicens: più volte esso mio fratello in occasione de raggionamenti che facevimo insieme, mostrando quel annello, diceva che era quello che haveva sposata la signora Trivultia.
Interogata: se esso suo fratello li habbi mai detto che a tal sponsalitio fossero stati presenti altri testimoni.
Respondit: questo non lo posso affermare, come ho fatto le altre cose, ma mi pare che dicesse che li erano statti delli altri testimoni. Et haec etc.
Super interogatoris alterius partis interogata: de che anno, de che mese et in che locho detto reverendo suo fratello racontasse a se testimonia quanto ha deposto.
Respondit: io non mi raccordo né l’anno, né il mese, ma me lo disse qui in questa città, per quanto credo.
Interogata: se ghe le dicesse alla presenza di alcuno et con qual occasione.
Respondit: io non mi raccordo se vi fosse alcuno presente, ma l’occasione fu che essendo egli stato via de qui, ritornando egli qui in casa, dove habitava, mi disse tal cose.
Interogata: se esso reverendo suo fratello li nominasse testimoni che fussero stati presenti a tal sponsalitio.
Respondit: non ve lo so dire.
Dicens interogata: io non so certo chi fosse il sacerdote che facesse le parole del contratto, ma penso che possi esser stato lui.
Et interogata respondit: mio fratello portò via l’anello, perché come ho detto lo mostrava dicendo che era l’anello con il quale era stata sposata la signora Trivultia.
Et interogata respondit: signior no, che non io haveva cognitione di essa signora Trivultia.
Interogata: quanti anni essa signora Trivultia stesse nele mani desso signior Piero et con qual occasione li venisse nelle mani.
Respondit: io non lo so, ma credo sia stato con la speranza, come successe, di esser sposata et certo non sapria dirvi quanto tempo stete con detto signor Piero.
Interogata comodo pervenerit ad aures producientis se testem scire predicta.
Respondit: se non è statto rispetto alla famigliarittà che haveva il quondam mio fratelo con il signior Pietro, che se habi imaginato che io possi sapere qualche cosa.
Dicens interogata: mi pare d’esser stata esaminata un’altra volta sopra questo medemo fatto, ma non mi posso areccordare chi fosse quello che mi racontasse. Ma fui esaminata qui in questa casa et non mi raccordo quanti anni siano. Et aliud etc.
Ad generalia dixit interogata. io son d’ettà d’anni cinquanta cinque in cinquanta sei et al tempo della morte della signora Trivultia io habitavo in questa casa. Et in relinquis etc.
7) Il nobil dominus Leonardo Gasparini q. Matteo.
Super dicto capitulo dixit: questo miser pre Francesco era mio cugnato et da lui intesi quanto io vi dirò. Essendo morta questa magnifica gentildonna capitulata vene esso reverendo mio cugnato dal Finale et portò la nova della morte di detta signora Trivultia et disse che il magnifico signor Pietro Saraceno in ponto de morte l’haveva sposata, alla sua presentia et d’altri; che esso mio cugnato l’haveva servito dell’anello da sposarla, il qual annello, mentre che detto reverendo miser pre Francesco, lo cavava de ditto, mostrava che li fosse caro, con dir queste o simil parole: questo è l’anello con il quale dal magnifico signor Pietro Saracino fu sposata la signora Trivultia. Et haec etc.
Super interogatoriis alterius partis: di che anno et di che mese fosse quando detto reverendo suo cugnato raccontò a se testimonio quanto ha deposto et alla presentia de cui.
Respondit: non me lo ricordo, ma ne raggionò diverse volte et in diversi tempi a tavola et altrove.
Inteorgatus: chi fossero li testimoni che si ritrovassero presenti al sponsalitio predeto, per quanto gli riferisse esso reverendo suo cugnato.
Respondit: non me lo arecordo particolarmente, ma mi pare certo che dficesse che vi era stato il conte Iseppo di Porto et alcuni contadini de quele bande.
Interogatus: se dal parochiano de quel loco o da chi fossero fatte le parole del contratto.
Respondit: credo fosse mio cugnato che le facesse, perché non mi disse o nominò parochiano alcuno.
Dicens interogatus: signor no, che non fu fatta nota de detto matrimonio o rogito neli libri del parochiano o altrove che io sapia.
Dicens interogatus: signor no, che io non haveva cognitione della quondam signora Trivultia, che ne anco mai la vidi.
Interogatus: se sa o ha inteso quanti anni detta signora Trivultia stesse nelle mani del signior Pietro et con che occasione li capitasse.
Respondit: io credo stesse alquanti anni seco, ma non sapria dirvi con qual occasione li venisse alle mani.
Interogatus: quanto sopravivesse la signora Trivultia doppo che fu sposata, come ha detto.
Respondit: intesi che pocho, cioé sette, overo otto hore.
Interogatus quomodo pervenerit ad aures producientis se testem scire predicata.
Respondit. credo sia sei overo sette anni, che venendo un giorno fuori della consolaria, il conte Iseppo Porto mi ricerchò se il quondam reverendo messer pre Francesco mio cugnato mi haveva mai raggionato in proposito del sponsalitio della signora Trivultia sopradetta et io li risposi de sì et con tale occasione deve esser stato saputo dalla signora Euriema et cossì con tal occasione anco ricerchato dal detto magnifico gentilhuomo, sì come credo fui altra volta esaminato sopra questo fatto da un cancelliero dell’illustrissimo signor podestà. già quatro o cinque anni, se ben mi raccordo. Et alia etc.
Ad generalia dixit: io son d’ettà di anni sessanta nove in circa et quando detto reverendo mio cugnato mi raccontò la prima volta quanto ho deposto io habitava, per quanto mi pare, qui in questa casa, nella quale habitava anco detto reverendo mio cugnato, che stette meco anni sedeci in circa. Et in reliquis etc.
Sabato 20 febbraio 1610
8) Giacomo quondam Giovanni Bassanese, abitante in villa di Noventa.
Super dicto capitulo dixit: essendo io putto de quatordeci anni in quindeci serviva per ragazzo il quondam signior Lunardo Saracino, fratello del quondam signior Pietro, il quale stava al Finale, ma separato da esso signor Piero. Et essendo in casa nostra una donna nominata Cattarina, questa donna, essendo stata a visitare la signora Trivultia che era inferma, essendo venuta a casa, disse al signior Lunardo che seria stato bona cosa mandar ad avisar il signior Pietro, qual era a Vicenza, acciò se ne venisse a casa, onde esso signior Lunardo, scritta una lettera, mi pose sopra una cavaletta biancha, che per segnale era del quomdam signior Gerolemo Ghellino, et mi mandò in questa città et portai la littera et la consegnai al signor Pietro, il quale letta essa littera andò a ritrovare il conte Isepo Porto et il quondam reverendo messer pre Francesco Aquani e tutti tre montorno a cavallo et andorno al Finale. Essendomi io tratenuto a far collation nella casa dove havevo consegnata la littera et poi me ne tornai a casa del detto mio patron; et il giorno dietro, overo dui, sentite a dire che la signora Trivultia era morta et che il signor Pietro la haveva sposata et che lei poi li haveva lasciato ogni cosa. Et questo è quanto io so et posso dire.
Super interogatoriis respondit: io certo non mi racordo quanto tempo fosse, ma deveno esser circa trent’anni.
Interogatus: in qual casa esso testimonio desmontasse.
Respondit: io certo non me lo arecordo.
Interrogatus: se era d’estate o d’inverno o de che tempo.
Respondit: non lo so certo.
Interogatus: se esso testimonio haveva cognition della signora Trivultia.
Respondit: signor sì che ne havea cognition, perché ogni tratto andava in casa sua.
Dicens interogatus: signor no che non so che essa fosse per avanti statta moglie del signor Alvise Lscho dotore, né mancho so quanti anni lei stesse con detto signor Pietro, né con che occasione capitasse alle mani, ma il signor Pietro la tenne sempre al Finale, per quanto io so.
Interogatus respondit: io non so de in detto tempo esso signor Pietro et signora Trivultia si confesassero o comunichassero.
Interogatus: che nomini quelli da quali, come dicesse, intese detta signora Trivultia esser stata sposata.
Respondit: non ne ho memoria ma lo intesi là al Final, da più persone.
Interogatus: se intese chi fosse il parochiano che facesse le belle parole.
Respondit: io non intesi niente di questo.
Dicens interogatus: non intesi, neanco chi fossero li testimoni che vi fossero presenti.
Interogatus quomodo pervenerit ad aures producentis se testem intellescire predicta.
Respondit: io non lo so, ma deve esserli statto detto che io stavo in casa del signor Lunardo.
Dicens interogatus: signor no, che io non son statto più essaminato sopra questo fatto. Et alium etc.
Ad generalia dixit: io son d’età d’anni quarantotto o cinquanta.
Dicens interogatus: da qui al Finale devono esser circa miglia vinti et non ho altri beni che un casoncello che pago fitto alli Fransozi. Et in reliquis recte etc.