Istruito in un periodo relativamente breve, il processo avviato dal Consiglio dei dieci negli anni 1605-1607 offre non solo uno spaccato di estremo interesse della società veneta dell’epoca, ma si pone altresì come esempio significativo del funzionamento delle istituzioni politiche e giudiziarie di una delle più rilevanti magistrature veneziane.
Istruito secondo la procedura inquisitoria del Consiglio dei dieci, caratterizzata dalla segretezza e dall’esclusione dell’avvocato difensore, il processo delinea una serie di protagonisti che assumono il ruolo di giudici, imputati, vittime e testimoni. Ma il voluminoso fascicolo si apre pure ad un contesto sociale contraddistinto da tensioni e dinamiche conflittuali presenti ben prima dell’intervento della suprema magistratura veneziana.
Conviene riportare le fasi più salienti di un conflitto che si svolse dapprima nella piccola comunità vicentina di Orgiano e poi si estese sino a coinvolgere le istituzioni giudiziarie di alcune città della Terraferma veneta e della città dominante. La sequenza cronologica in realtà è riflessa nel fascicolo processuale secondo un iter istituzionale e giudiziario contraddistinto dall’avvio stesso del processo. Aspetto, questo, che non può essere ignorato e che spinge a riflettere sull’esistenza e tipologia dei documenti (tracce) abitualmente a disposizione dello storico.
1. Il 27 agosto 1605 i rappresentanti eletti dalla comunità di Orgiano si presentano ai rettori di Vicenza chiedendo l’istruzione di un processo in merito alla supplica che la stessa comunità aveva presentato in Collegio il 19 agosto precedente con una lunga lista di violenze commesse dal nobile Paolo Orgiano nei confronti della popolazione del villaggio. Nella stessa data del 19 agosto il Collegio aveva accolto la supplica della comunità, deliberando che i rettori di Vicenza rispondessero in merito a quanto denunciato dalla comunità. La richiesta ufficiale di quest’ultima si inserisce nella logica giurisdizionale di antico regime, caratterizzata da una concezione del diritto attenta a non modificare gli equilibri tra i diversi corpi sociali. E’ in base a questa prospettiva giurisdizionale che il Collegio aveva deliberato di assegnare ai rettori di Vicenza il compito di ‘rispondere’ a quanto formulato dalla comunità nei suoi ‘gravamina’, ma affidando pure agli stessi rappresentanti di quest’ultima la lettera ducale che conteneva la delibera assunta il 19 agosto precedente. Tutto questo spiega il periodo relativamente lungo intercorso dalla presentazione della supplica a Venezia all’inoltro della lettera ducale ai rettori di Vicenza. Nel corso del processo verremo comunque a conoscere tutti i retroscena che precedettero la stesura e l’inoltro della supplica. Il consueto iter giudiziario avrebbe teoricamente permesso alla comunità di abbandonare la propria iniziativa sino a che la lettera ducale non fosse stata presentata alla cancelleria pretoria di Vicenza. Dopo di che i rettori sarebbero però stati tenuti ad inviare direttamente la loro ‘risposta’ al supremo organo veneziano che l’aveva richiesta. Un iter che, come vedremo, sarebbe stato comunque subito travolto dall’ autonoma iniziativa del podestà di Vicenza.
2. Di seguito alla richiesta della comunità e dopo una rapida ricerca negli archivi giudiziari della città, il 27 agosto 1605 il podestà Vincenzo Gussoni ordina l’arresto immediato di Paolo Orgiano e nella sera dello stesso giorno, insieme alla corte pretoria, procede al suo interrogatorio. Tale interrogatorio, definito ‘costituto de plano’, a diversità di quelli che incontreremo nel corso del processo (‘costituti opposizionali’), aveva il fine di raccogliere informazioni utili all’avvio del processo e non doveva perciò essere condotto ricorrendo ad espedienti che miravano ad intimidire o ingannare l’imputato per raggiungere una determinata verità.
3. il 31 agosto 1605 l’avogadore Michele Priuli scrive al podestà di Vicenza per ‘intromettere’ l’atto di arresto emesso contro Paolo Orgiano e chiedendo maggiori informazioni per deliberare in merito alla questione, sulla scorta delle obiezioni avanzate dagli avvocati dell’imputato. Le ‘intromissioni’ avogaresche avevano immediato carattere esecutivo e non potevano essere disattese dai rappresentanti veneziani. La logica che le animava in profondità era l’ossequioso rispetto delle regole e delle procedure stabilite. Una logica che si poneva spesso in contrasto con le inclinazioni assai più pragmatiche dei patrizi veneziani che reggevano le città del Dominio.
4. il 1 settembre 1605 i due rappresentanti della comunità di Orgiano si presentano nuovamente davanti al podestà veneziano e alla sua corte lamentando come la parentela di Paolo Orgiano si stia muovendo per intimorire con minacce o blandire con promesse le numerose vittime di Paolo Orgiano. I due rappresentanti presentano in cancelleria pretoria alcune delle delibere assunte nel mese precedente dalla comunità in merito alla supplica inoltrata al Collegio veneziano.
5. il 2 settembre 1605 l’avogadore Michele Priuli scrive al podestà di Vicenza perchè ordini ai rappresentanti della comunità di Orgiano di presentarsi all’ufficio dell’Avogaria in merito alla richiesta di informazioni inoltrata dal Collegio ai rettori di Vicenza. L’atto avogaresco, sollecitato dagli avvocati di Paolo Orgiano, mira evidentemente a ripristinare il consueto iter giudiziario, sconvolto dall’atto di arresto ordinato dal podestà Vincenzo Gussoni.
6. In data 2 settembre i rettori di Vicenza scrivono ai Capi del Consiglio dei dieci informandoli delle violenze commesse da Paolo Orgiano e riassumendo gli eventi accaduti nei giorni precedenti. Riferiscono inoltre di un processo, rimasto incompiuto, istruito nel 1602 per uno stupro commesso nei confronti di una vedova di Orgiano e di cui era stato imputato Paolo Orgiano. La lettera diretta ai Capi del Consiglio dei dieci mira a giustificare l’arresto del nobile vicentino e ad opporsi alle richieste avogaresche.
7. In data 2 settembre i rettori di Vicenza informano pure il Senato di quanto era avvenuto nei giorni precedenti, dopo la presentazione da parte della comunità della richiesta di informazioni deliberata il 19 agosto precedente dal Collegio. Formalmente, tale lettera corrisponde alla ‘risposta’ che il Collegio aveva loro sollecitato per disporre delle necessarie informazioni in merito alla supplica inoltrata dalla comunità.
8. il 4 settembre 1605 il podestà Vincenzo Gussoni risponde all’avogadore Michele Priuli, giustificando l’atto di arresto emesso nei confronti di Paolo Orgiano. Formalmente, sino a nuova delibera da parte dell’avogadore, il procedimento giudiziario avrebbe dovuto essere sospeso.
9. il 5 settembre 1605 i procuratori della comunità di Orgiano si presentano nuovamente davanti al podestà di Vicenza, per informarlo del tentativo in corso da parte della parentela di Paolo Orgiano di arrestare l’iniziativa giudiziaria già avviata.
10. il 5 settembre 1605, Fiore Bertola e il marito Vincenzo Galvan, due delle vittime di Paolo Orgiano, si presentano davanti al podestà di Vicenza per rendere la loro testimonianza in merito alle violenze subite. Nel corso del processo si verrà a sapere che essi erano stati indotti a così fare dal curato di Orgiano fra Ludovico Oddi, vero e proprio protagonista in tutta questa fase iniziale del conflitto, ma che rimarrà nascosto tra le quinte del processo, sino alla sua spontanea deposizione rilasciata al giudice del maleficio di Vicenza, prima della decisione di sottrarsi alle minacce della nobiltà locale e all’azione processuale intentatagli dalla Curia vescovile di Vicenza. La sua figura sarà direttamente posta in risalto proprio da Paolo Orgiano nel corso delle sue difese.
11. il 13 settembre 1605 il Consiglio dei dieci delibera di delegare ai rettori di Vicenza, con la loro Corte, l’istruzione del processo contro Paolo Orgiano, conferendo loro pure la possibilità di procedere con il rito inquisitorio. La Corte pretoria, esistente in tutte le grandi città della Terraferma, era costituita da giudici professionisti (assessori) laureati in legge e di formazione romanistica. La loro preparazione giuridica contrastava con la formazione eminentemente politica dei patrizi veneziani inviati a reggere le città dello stato (rettori). L’iniziativa del massimo organo politico-giudiziario veneziano, inserendosi attivamente nel conflitto locale, poteva essere formalmente giustificata con l’esigenza di ripristinare gli equilibri sociali infranti dalle violenze compiute dalla nobiltà locale. In realtà essa costituiva il primo passo di una vera e propria riformulazione processuale del conflitto in corso nell’ambito della comunità. Una riformulazione che non avrebbe potuto non influire sugli stessi equilibri sociali e la conformazione politico-antropologica esistenti all’interno del villaggio e del vicariato di Orgiano.
12. il 14 settembre 1605 i rettori di Vicenza ordinano ai parenti di Paolo Orgiano di uscire, fino a nuovo ordine, dal villaggio di Orgiano.
13. il 15 settembre 1605 il giudice del maleficio di Orgiano si trasferisce ad Orgiano per procedere all’interrogatorio delle vittime e dei testimoni indicati nella supplica presentata dalla comunità nell’agosto precedente. Si avvia, in questa fase, il vero e proprio processo inquisitorio, caratterizzato dalla segretezza delle deposizioni e da una scelta oculata dei testi sottoposti ad interrogatorio. Tale rito processuale scardinava dal profondo il consueto contraddittorio giudiziario caratterizzato da un confronto tra le parti. A diversità del processo inquisitorio diffuso in tutte le altre realtà italiane ed europee, il rito inquisitorio del Consiglio dei dieci, connotato fortemente sul piano politico e giudiziario, costituiva una delle espressioni più significative del diritto veneto e della sua originalità nell’ambito dei sitemi giuridici europei.
14. il 29 ottobre 1605 i rettori di Vicenza scrivono ai Capi del Consiglio dei dieci riassumendo il contenuto del processo istruito nel mese precedente dal loro giudice del maleficio. Essi avevano atteso più di un mese a riferire dell’indagine effettuata dal giudice del maleficio, perché probabilmente erano in attesa di conoscere gli esiti del processo che la Curia vescovile vicentina aveva contemporaneamente avviato nei confronti di fra Ludovico Oddi.
15. il 31 ottobre 1605 il Consiglio dei dieci delibera di assumere il processo istruito dalla cancelleria pretoria di Vicenza. Ordina inoltre che il fascicolo processuale gli sia inviato e che Paolo Orgiano sia trasferito alle carceri veneziane. L’assunzione da parte del massimo organo politico-giudiziario lagunare costituisce la sanzione ufficiale dell’importanza assegnata dal ceto dirigente veneziano a quanto è avvenuto nel piccolo villaggio vicentino. Il timbro squisitamente politico che informava lo spirito del diritto veneto poteva giustificare ampiamente una scelta che si allontanava così manifestamente dal tradizionale iter giudiziario.
16. il 21 febbraio 1607 il Consiglio dei dieci informa i rettori di Padova di avere deliberato di delegare alla Corte pretoria della città il proseguimento del processo istruito contro Paolo Orgiano dalla cancelleria pretoria di Vicenza. Li informa inoltre di aver loro inviato il fascicolo processuale e di avere ordinato il trasferimento di Paolo Orgiano alle prigioni di Padova. La corte pretoria di Padova costituiva, in questi primi anni del Seicento, il più rilevante tribunale dello stato di terraferma: al suo interno vi operavano patrizi di indubbia levatura politica e tra i più insigni giuristi delle città di terraferma. A diversità dei tribunali della città dominante era inoltre assai più ardua la possibilità da parte degli imputati e della loro parentela di interferire nelle decisioni che sarebebro state intraprese.
17. I rettori di Padova scrivono ai rettori di Vicenza informandoli della delega ricevuta dal Consiglio dei dieci. Inoltre chiedono loro che sia data notizia della delegazione ai rappresentanti della comunità di Orgiano perchè possano eventualmente fornire ulteriori informazioni.
18. il 24 marzo 1607 il giudice dell’Aquila di Padova (membro della Corte pretoria della città) inizia l’interrogatorio di Paolo Orgiano (‘costituto opposizionale’). Il lungo interrogatorio si svolgerà a più riprese sino al 27 marzo. Un interrogatorio che, come prevedeva il ‘costituto opposizionale’, era condotto in maniera dura e decisa per costringere l’imputato a manifestare la verità. Il compito di interrogare gli imputati competeva solitamente al giudice del maleficio. In qualità di assessore, componente della Corte pretoria di Padova, il giudice dell’Aquila poteva comunque formalmente attendere a tale compito.
19. Insignita della delegazione ricevuta dal Consiglio dei dieci, in data 2 aprile 1607 la Corte pretoria di Padova procede alla citazione solenne degli altri imputati.
20. I rettori di Vicenza, ricevuta copia del ‘proclama’ emanato dai rettori di Padova, procedono alla sua pubblicazione. Altra copia del ‘proclama’ viene pure inviata ai rappresentanti della comunità di Orgiano. Di entrambi gli atti vengono informati i rettori di Padova.
21. Di seguito al ‘proclama’ emesso dai rettori di Padova alcuni delle persone citate si presentano alle prigioni di Padova. Essendosi presentati volontariamente essi erano destinati alle cosiddette ‘prigioni per presentati’ sino alla conclusione del processo. In qualità di presentati potevano comunque ricevere persone ed avere contatti con l’esterno.
22. La corte pretoria di Padova inizia gli interrogatori degli altri imputati che, di seguito al proclama emesso dalla Corte pretoria di Padova, si sono presentati alle prigioni della città.
23. Il 2 maggio 1623, dopo aver concluso gli interrogatori di alcuni degli imputati che si sono presentati, la Corte pretoria di Padova invita Paolo Orgiano a presentare le sue difese. Tutta la struttura del processo difensivo è articolata sulla cosiddetta ‘autodifesa’, in quanto gli imputati non avevano formalmente diritto all’assistenza di un avvocato. Solitamente le difese prevedevano la presentazione di alcuni ‘capitoli’, le cui affermazioni dovevano essere avvalorate da testimoni o documenti di carattere pubblico. Era inoltre prevista pure una ‘scrittura di allegazione’, che mirava a riassumere più complessivamente la linea di difesa dell’imputato. Il resoconto dei testi escussi di seguito alla presentazione dei ‘capitoli di difesa’ di Paolo Orgiano costituisce, più in particolare, la visione processualmente (e retoricamente) alternativa a quella formulata dalle deposizione dei testi raccolte dal giudice del Maleficio di Vicenza nel settembre del 1605.
24. Il giudice dell’Aquila e il cancelliere pretorio procedono all’escussione dei numerosi testi indicati da Paolo Orgiano nelle sue difese. L’articolazione delle testimonianze è assai significativa nel delineare la rete clientelare e di conoscenze controllata dalla parentela nobiliare del vicariato di Orgiano. Da un confronto con le testimonianze rese nel settembre 1605 al giudice del maleficio di Vicenza è possibile però scorgere come l’iniziativa avviata dal Consiglia dei dieci abbia notevolmente indebolito la consueta azione di controllo esercitata dalla consorteria nobiliare vicentina sulla popolazione dei villaggi del vicariato di Orgiano.
25. Il rito inquisitorio del Consiglio dei dieci prevedeva pure che gli imputati potessero difendersi tramite la presentazione di scritture di carattere pubblico. Quelle presentate da Paolo Orgiano sono assai notevoli ed esprimono il ruolo giocato dietro le quinte dagli avvocati difensori. Oltre ad alcuni atti notarili e giudiziari sono da segnalare alcune delibere che la stessa comunità non aveva presentato in occasione della prima fase del conflitto. Assai rilevante, inoltre, il processo istruito dalla Curia vescovile di Vicenza contro il curato don Ludovico Oddi. Vero e proprio processo nel processo, il fascicolo istruito dalla curia vicentina nel settembre del 1605 contro il curato di Orgiano, esprime al massimo grado le possibilità di manipolazione retorica insite nel (e nei confronti del) documento processuale. Nell’insieme tutti i documenti presentati da Paolo Orgiano miravano a definire, nell’ambito del rito inquisitorio, una diversa visione dei fatti e la proposizione di una verità storica alternativa a quella delineata nella prima fase del processo.
26. Oltre alle difese per ‘capitoli’ gli imputati potevano pure ricorrere ad una ‘scrittura di allegazione’ cioè ad una sorta di vera e propria arringa di difesa. Scritte a mo’ di autodifesa dagli avvocati difensori presenti dietro le quinte del procedimento giudiziario, queste scritture non potevano, per il carattere stesso del rito inquisitorio, essere redatte con critiche troppo aperte nei confronti delle autorità che avevano istruito il processo. Esse miravano comunque, tramite il loro carattere riassuntivo, a sottolineare una diversa valutazione degli eventi storici e processuali.
27. Anche gli altri imputati furono costretti a seguire lo stesso iter processuale percorso da Paolo Orgiano. Ma, a differenza di quest’ultimo, essi non erano stati rinchiusi in prigioni che escludevano ogni forma di contatto con l’esterno. Ed essendosi presentati volontariamente avevano comunque potuto preparare con maggiore facilità la loro linea di difesa.
28. Di fronte alle due testimonianze discordi rilasciate da Vincenzo Galvan (marito di una delle vittime di Paolo Orgiano) la Corte pretoria di Padova decide procedere al suo arresto e di sottoporlo a tortura per disporre di una sua versione definitiva dei fatti.
29. Saputo dell’arresto, avvenuto a Verona, di Ambrogio Di Negri, considerato uno dei bravi di Paolo Orgiano, la Corte pretoria di Padova richiede il suo trasferimento alle prigioni della città e procede al suo interrogatorio e alle sue difese
30. Di seguito alla definitiva versione di Vincenzo Galvan, la Corte pretoria di Padova procede ad un nuovo interrogatorio di Tuberto Fracanzan, il quale era stato accusato, insieme a Paolo Orgiano, di aver violentato Fiore Bertola.
31. Il 28 settembre 1607 la Corte pretoria di Padova ‘pubblica’ la sentenza contro Paolo Orgiano e gli altri imputati. Sentenza che, come previsto nel rito inquisitorio del Consiglio dei dieci, era considerata inappellabile. Solo una grazia, concessa dallo stesso supremo organo veneziano, avrebbe potuto modificare il contenuto della sentenza. La sentenza assumeva carattere formale solamente con la sua ‘pubblicazione’, che avveniva dinanzi al palazzo dei rettori in forme solenne e alla presenza di testimoni. In realtà la sentenza era stata emessa più di due mesi prima (la cosiddetta ‘signatura’) ed era stata sinteticamente annotata a fianco del proclama, in attesa della sua formale pubblicazione.
32. Dopo la ‘pubblicazione’ della sentenza Paolo Orgiano viene trasferito dalle prigioni di Padova a quelle di Venezia. Nel 1607 le prigioni nuove, oltre il Rio del palazzo erano state ultimate. Paolo Orgiano vi rimarrà sino al 6 aprile 1613, data della sua morte.
Appare evidente che la successione formale del fascicolo processuale prospetta una diversa successione cronologica degli eventi. In alcuni casi la conoscenza di tali eventi è giunta a noi tramite lo stesso fascicolo processuale; in altri è possibile ritrovarne traccia in diversi fondi archivistici: come ad esempio la supplica della comunità di Orgiano conservata nel fondo del Collegio, Risposte di fuori.
La successione cronologica, se riferita all’avvio del conflitto che avrebbe poi determinato l’istruzione del processo, dovrebbe iniziare con la riunione segreta dei consiglieri di Orgiano tenutasi il 15 agosto 1605 e dalla successiva del 24 agosto nella quale si deliberò l’elezione dei due procuratori che avrebbero dovuto recarsi a Venezia per presentare in Collegio la supplica in cui si elencavano dettagliatamente le violenze compiute negli anni precedenti da Paolo Orgiano e da altri esponenti della nobiltà vicentina.
In realtà la ricostruzione cronologia delle tracce (prospettate dallo stesso processo, ma in alcuni casi anche da altri documenti) secondo la loro scansione cronologia dovrebbe partire proprio dall’avvio e dalla successione delle violenze compiute contro le donne del villaggio.
Il processo, in definitiva, induce dunque a riflettere sulla ricostruzione della verità storica, sul significato dei documenti e sul valore loro assegnato dallo storico.
Di certo il processo in genere, ed in particolare quello istruito contro Paolo Orgiano, veicola una serie di protagonisti e di narrazioni di estremo interesse sia sul piano giudiziario che su quello che più estesamente possiamo definire culturale. Narrazioni intese nell’accezione più complessa del termine, nelle quali interagiscono fattori diversi: istituzioni che le producono, protagonisti che le veicolano, soggetti cui sono dirette: ogni narrazione, in definitiva è provvista di una propria dimensione retorica e contestuale. Ma il termine narrazione si può pure considerare sul più semplice piano letterario: in tal caso lo storico può prospettarle (senza forzare la traccia a sua disposizione) ampliando e immaginando, aspetti che, pur essendo verosimili, non sono veicolati dal documento. Ecco, ad esempio, come ho descritto l’arresto notturno di Paolo Orgiano, ad opera degli sbirri inviati dal podestà di Vicenza la notte del 27 agosto 1605:
Sabato 27 agosto 1605, nelle prime ore della notte, nel villaggio di Orgiano, posto a circa venti chilometri a sud della città di Vicenza.
I lunghi spolverini e i cappelli a larghe falde, che appena lasciano scorgere volti induriti dal tempo e quasi mimetizzati dal pelo ispido che li ricopre, sembrano rendere indistinti gli uomini che procedono lungo la carrareccia che introduce in paese.
Avevano lasciato i cavalli in un cortile poco lontano ed avevano circondato il palazzo con circospezione; e, cercando di non farsi notare, approfittando del buio che aveva ormai avvolto il villaggio, si erano lentamente avvicinati guatando, guardinghi, le finestre da cui proveniva una luce soffusa. Erano armati di tutto punto e stringevano nelle mani il loro archibugio. Erano abituati a compiere simili operazioni, ma il loro procedere dimostrava una consapevolezza quasi del tutto nuova. L’uomo che prudentemente avevano inviato in avanscoperta per accertarsi della situazione li aveva informati che molti dei convitati presenti quella sera (circa una ventina di persone) avevano già lasciato il palazzo. Avevano così fatto irruzione all’interno senza trovare alcuna opposizione. Paolo Orgiano era a letto con una giovane donna e non aveva pronunciato che alcune poche parole di protesta tanto grande era stata la sua sorpresa di fronte a quegli uomini dal volto duro e segnato da rughe su cui sembrava assorbita ed impressa la violenza che inseguivano e li inseguiva. Non avevano ritrovato la presenza dei bravi, che pure sapevano stazionare quasi in permanenza nel palazzo. Dopo aver saldamente legate le mani dell’uomo avevano sequestrate alcune armi ritrovate nelle stanze perquisite da cima a fondo. La notizia si era rapidamente sparsa per il villaggio, poiché molti contadini erano subito accorsi per assistere alla scena e non nascondevano la loro gioia e il loro stupore: li avevano apertamente ringraziati, esclamando all’unisono che l’uomo appena arrestato si era reso autore di così tante violenze e soperchierie che nessuno era forse in grado di enumerarle.
Il numeroso gruppo di sbirri era poi rapidamente ritornato a Vicenza e, dopo aver rinchiuso l’Orgiano in una delle celle più sicure, il loro capitano Daniele Di Stefani aveva immediatamente fatto relazione al podestà della città. Avevano però dovuto ritornare sui loro passi e riprendere l’uomo che il capo dei secondini aveva già provveduto ad incatenare. Il podestà Vincenzo Gussoni aveva ordinato che fosse immediatamente prelevato dalle carceri e condotto nel pubblico palazzo: aveva infatti manifestato l’intenzione di volerlo prontamente interrogare insieme ai suoi giudici che, tramite un messo, aveva subito convocato a palazzo. A tarda notte iniziava così il primo e lungo interrogatorio del nobile vicentino Paolo Orgiano, con il quale si apriva un lungo processo che si sarebbe concluso quasi due anni più tardi con la sua condanna al carcere a vita. Le imputazioni che gli erano state rivolte erano state dettagliatamente elencate nella lunga e dettagliata supplica presentata direttamente dalla comunità di Orgiano alla Signoria: numerosissimi stupri, anche contro natura, ferimenti, percosse, minacce, impedimenti di matrimonio e, più in generale, una volontà di dominare tirannicamente il villaggio.
Una siffatta descrizione è ovviamente incentrata sulla documentazione prospettata dal processo, ma si avvale pure di una conoscenza delle pratiche giudiziarie dell’epoca. Il suo valore descrittivo non si costituisce come una forzatura della documentazione esistente.
In definitiva, anche a distanza di anni, potrei aggiungere che il processo a Paolo Orgiano si prospetta come una fonte inesauribile di suggestioni e di riferimenti culturali da cui lo storico può attingere, avvalendosi di conoscenze e di parametri interpretativi inediti e provvisti di nuovi stimoli.
IL PROCESSO A PAOLO ORGIANO (1605-1607) – parte 1
IL PROCESSO A PAOLO ORGIANO (1605-1607) – parte 2
IL PROCESSO A PAOLO ORGIANO (1605-1607) – parte 3
IL PROCESSO A PAOLO ORGIANO (1605-1607) – parte 4