Con questa scrittura Euriemma e Scipione Caldogna definiscono presso la Quarantia Civil Nova (per le fasi precedenti della vertenza cfr. i punti successivi) la vertenza sulle scritture Saraceno, cioè sull’archivio dei Saraceno posseduto da Pietro Saraceno. Un archivio costituito dalle sue scritture personali, ma anche, evidentemente da numerosi documenti inerenti lo stesso lignaggio.
1606 5 maggio
Positione del signor Scipion Caldogno uxorio nomine in causa Saracena, concernenti materie diverse et miglioramenti de beni.
Non intendendo la magnifica signora Euriema per qualunque atto fatto et che a nome suo si facesse nelle cause vertenti con li magnifici signori Saraceni consorti della città, di partirsi dalle eccetioni per lei proposte et massimamente della eccetione concernente la materia delle scriture, con la privazione de qualli restando molto disavantagiata, ma ad esse eccettioni inherendo et quelle ferme remanendo per abondante favore delle sue ragioni, fa et produce per suo giuramento di credulità et di calumnia l’infrascritte positioni, alle quali et cadauna di esse adimanda che gli sia resposo per li detti signori consorti Saraceni et per cadauno di loro separatamente per simplex verbum, credo vel non, credo in tutto, giusta la forma delli statuti, convertendo le negate in capitoli, quali essa provar volee t intende si[c] et in quantum etc., non se tamen etc., nisi etc., salvis etc. et cum protestatione. Videlicet:
Primo: Che il quondam signor Pietro Saraceno ordinariamente se en stava et habitava de fuori [1] nella villa del Finale da un anno all’altro; et così è la verità, etc.
Secondo: Che esso signor Pietro similmente haveva et teneva di fuori, nella casa della sua habitatione, le scritture di casa sua, quali erano molte. Et di ciò essi ne sono consapevoli.
Terzo: Che il detto signor Pietro teniva le sue scritture in casse in tavole et in armari tutti, senza chiavi sopra. Et di ciò essi ne sono informati.
Quarto: Che esso signor Pietro teneva esse sue scritture nella casa vecchia vicina al primo palazzo, nel loco del Finale, cioè in una camara grande a basso et in una camara in solaro sopra la cosina, nelle quali stantie esso signor Pietro vivendo, era solito habitare et dormire: anci che in una d’esse le morse [2] ; et pro ut etc.
Quinto: Che con l’occasione dell’infermità d’esso signor Pietro, che fu del mese di dicembrio 1603, se ne andò fuori la magnifica signora Lodovica sua sorella, la quale teneva sempre in detta sua compagnia la detta signora Euriema. E così è la verità et essi lo sano.
Sesto: Che essendo esso signor Pietro morto, subito se ne andorono di fuori il magnifico et eccellentissimo signor Quintio et il signor Francesco Bernardino fratelli Saraceni, nec non il magnifico signor Paulo Emilio Saraceno, insieme con il magnifico et eccellentissimo signor Francesco Caldogno, germano d’essi magnifici fratelli Saraceni, et altri, senza che vi fosse alcun bissogno delle loro persone [3] . Li quali tutti si ridusero etstettero in casa giorno et notte et massime in quell’appartamento della casa vechia, nella quale soleva stare et habitare esso quondam signor Pietro.
Settimo: Che quando essi signor iSaraceni giunsero di fuori al Finale, non erano state levate le scritture della camara grande, né dalla camara sopra la cusina della casa vecchia, ma esse erano nelli lochi dove si ritrovavano anco vivendo il detto quondam signor Pietro, et così è la verità et essi non lo possono negare.
Ottavo: Che li detti signori Saraceni, doppo la morte di detto signor Pietro stetero fuori in detta casa giorno e notte per due giorni et per tre notte et se non credono di tanto dicano et rispondino particolarmente quanto li stette cadauno d’essi.
Nono: Che essi signori Saraceni andorono de fuori con servitori a cavalo, con valise grande et carnieri d’arzon da cavalcare e così è la verità.
Decimo: Che doppo che essi signori Saraceni et la detta signora Ludovica si partirono dal
Finale non furono nelle dette camere della casa vechia, dove soleva habitare esso signor Pietro e dove lui soleva tenir le scritture, più trovate scritture di sorte alcuna, ma solamente furono ritrovati alcuni libri a stampa d’istorie et altre materie.
Undicesimo: Che essendo statte levate di casa d’esso quondam signor Pietro le scritture che si atrovava lui haver di fuori, imediate naque nel detto loco del Finale commune oppinione e publica voce e fama che essi signori Saraceni e signora Ludovica havessero portate via tutte le scritture de detta eredità et particolarmente essi signori Saraceni come quelli che in tempo di giorno e di notte havevano havuta comodità di poterle veder che havessero portato via quelle che a loro paresse e li tornasero di servitio. E così è la verità, essi lo sano.
Dodicesimo: Che li detti signori Saraceni hano dato da copiare molte scritture e instromenti in publica forma a notari concernenti l’interesse della facoltà posseduta per esso quondam signor Pietro. Et così è la verità.
Tredicesimo: Che l’infrascritti beni segnati lettera A erano di raggione della quondam magnifica signora Trivultia Brazodura, moglie d’esso quondam signor Pietro et madre d’essa signora Euriema. Et di ciò essi ne sono consapevoli.
Quattrodicesimo: Che li detti beni infrascritti segnati lettera A e sono de comune valore et estimatione de ducati disdottomille in circa e se non credono di tanto dicano et rispondano di quanto credono.
Quindicesimo: Che li detti infrascritti beni signati de lettera A de rason della detta quondam signora Trivultia sono statti tutti venduti et alienati per detto quondam signor Pietro, sì come essi non puono negare per esserne apresso informati.
Sedicesimo: Che è fama publica che esso quondam signor Pietro habbi acquistato molti beni nelli lochi dove esso ne possedeva et afffrancato delli livelli che erano sopra li beni per lui possessi, ma per esser statte tolte le scritture della sua eredità che la detta signora Euriema per quello non lo può mostrare. Et ut etc.
Diciasettesimo: Che esso signor Pietro vivendo ha fatto tutti li infrascritti meggioramenti della stima et valore come infra serà, partita per partita, dechiarato, oltre la gran quantità de denaro che di tempo in tempo egli ha speso in campadeghi et in bonificationi. E così è la verità, essi non lo possono negare.
Diciottesimo: Che esso signor Pietro vivendo, si ha lasciato intender che voleva maritar essa signora Euriema in sogetto prencipalissimo con honoratissimo e grandissimo assegnamento per conto di dote, oltre quanto lei havesse conseguito della sua eredità. Et di ciò essi ne sono consapevoli.
Diciannovesimo: Che ogni gentilhomo savio e prudente che habbi cognitione, così del statto del magnifico signor Scipion Caldogno, come del statto della sudetta magnifica signora Euriema, dirà et affermerà che per il matrimonio fra loror seguito per ogni conveniente et raggionevole rispetto non si può, né si deve considerar dote minor de ducati trentamille e più. E così è la verità, essi lo sano e se non credeno così dicano e rispondino di quanto credeno.
Segue infine il capitolo ventesimo (con aggiunte successive nel corso del tempo) che elenca i miglioramenti apportati da Scipione Caldogno ai beni spettanti ad Euriemma.
[1] De fuori: rispetto alla città di Vicenza; nel contado, nella villa di Finale.
[2] Per casa vecchia s’intende il cosiddetto palazzo delle trombe.
[3] Si vedano le genealogie Saraceno.