La seguente scrittura, redatta molto probabilmente intorno al 1610, riassume la complessità della causa successoria apertasi tra Euriemma e gli altri membri della famiglia Saraceno, in virtù dei dei fedecommessi del 1502 e del 1562. Il documento (che in alcuni punti si è necessariamente riassunto) è di notevole interesse in quanto denota l’estrema fragilità dell’istituto fedecommissario, soprattutto nel corso del Cinquecento, nel momento in cui le trasformazioni economiche incidono sensibilmente sulle previsioni dei testatori (si veda, a questo proposito alcune testimonianze citate in La primogenitura di Mario Capra). Sono inoltre significativi i continui richiami al famoso testo di Marcantonio Pellegrini sui fedecommessi, nonché la parte dedicata alle cosiddette detrazioni comuni, tra cui sono significative le voci doti e legittime. L’espressione oceano di scritture è utilizzata dagli stessi avvocati di Euriemma.
Molto illustrissimo et eccellentissimo signor Vicario
Sapendo la magnifica signora Euriema Saracina et il magnifico signor Scipion Caldogno suo marito con qual persone si trovano haver contesa e quanto siano artificiosi et, per dirlo chiaro, potentes in opere et sermone, et che non ometerano cosa alcuna che possino pensar doverli porta agiuto alla loro opinione, così con scrittura d’informatione che dal canto loro serà formata, come in ogni altra maniera che si potrano dar ad intender. Non havendo voluto detti signori giugali mancar neanco loro a quel debito che la natural difesa l’obbliga e constringe. Et in particolar di racomandar a vostra signoria illustrissima la causa loro. Primo loco in viscera Iesu Christi che per quel termine che la raggione dispone, la equità suade e il fatto de chi si tratta conciede, debbano da lei esser protetti e con gratiosa sententia consolati.
Poiché, se bene la causa è grande e si può dir un oceano de scritture e fatti che caschano in giuditio così antichi e che con la sopressione delle scritture restano essi signori giugali molto offesi. Pur sperano, anzi vivono sicuri e certi che epr el seguenti raggioni che dalla presente allegazione li seran somministrate più tosto per via di racordo e per solevation di faticha che eprché vi possi esser bisogno o difficoltà alcuna e massime in quello che ultimamente, per quanto è stato parlato in voce, par che siano restati in apontamento e tutto questo perché, a dir il vero, si va dubitando che se ebne con la voce si siamo ridotti a questi termini forsi con la scrittura non ci debba dal canto loro esser osservato il medesimo apontamento.
Saprà, dunque, vostra signoria molto illustrissima et eccellentissima come finhora n’è più che informatissima che:nella causa delli signori Saraceni contra la amgnifica signora Euriema Caldogna cadono in controversia tre patrimoni:
Il primo de Biasio seniore, 1502
Il secondo de Pietro suo figliolo, 1519
Il terzo de Biasio giuniore, 1562
Ma li detti signori Saraceni con le loro tenute hanno confuso questo negotio in modo che vi è necessario una esatissima distinzione, perché et per li maggiorati 1502, 1519 et per il fidecommisso comune 1562 hanno apreso li medesimi beni et tuttavia l’attioni et l’interessi sono totalmente diversi et distinti. La qual distinzione, seben loro doveano farla in scrittura, per dar occasione alla magnifica signora Euriema di proponer anco ella le sue difese, tuttavia finhora non hano in questa materia fatto alcuna cosa, ma disputando quando per una via, quando per un’altra par che abbino lassato questo carico a vostra signoria molto illustrissima et eccellentissima, quasi che ella debbi regolar le loro dimande e suplir a loro mancamenti, contra l’officio proprio del giudice, il qual deve proferrir la sua sententia super deductis et alegatis. Nel qual caso la magnifica signora Euriema può ragionevolmente pretender di dover esser per giustitia licenziata dalle osservation del presente giuditio…
Ma perché vostra signoria molto illustrissima et eccellentissima resti in un istesso tempo informata delle sue validissime et realissime raggioni non ha ella voluto restar di considerarle, che la presente causa si può e si deve ridur a quatro capi principali:
Il primo: se li beni tolti nelle tenute siano stati delli testatori fideicomittenti
Il secondo: quali e quante detrazioni si debbino fare
Terzo: circa l’imputationi delli adversari
Quarto: che cosa risulti di condittionato e da chi debbi esser fatta la relassatione
Hora, venendo al maggiorato di Biasio 1502 e alla tenuta che con questo indirizzo è stata tolta, bisogna veder se li beni de quali in essa tenuta furono dell’istesso Biasio al tempo della sua vita e morte.
Obligo di chi pretende questo maggiorato è di far chiara e certa dimostrazione in questo ponto, atesa la negativa che dalla amgnifica signora Euriema è stata fatta nella contestazione della litte.
Questa giustificazione l’eccelentissimo signor Quintio ha cercato di fare con due sorte di prove, altre dedotte da proposizioni e opinioni de dottori, altre cavatte da scritture.
Circa le prime diceva l’eccelentissimo signor Scipion Feramoscha suo avocato che nelle materie fideicomissarie bastavano prove lievi per la comprobatione de beni et usa l’auttorità dell’eccelentissimo signor Pellegrini all’articolo 44, num. 17.
Ma questo primo argomento facilmente fu resoluto perché è cosa troppo absurda che nelle cause gravi, dove si tratta di facultà di molto valore, com’è la presente, per confìgieture lievi e falaci si debbi levar la robba a chi per altro ne è legittimo possessor, per darla al fideicomissario, oltre che ilvsignor Pellegrini al numero predetto, più tosto disputa che dicida, e nel verso inferiore, che comincia: Verum vorneus perusinus, aduce altre opinioni contrarie e finalmente egli medesimo conclude in verbo: et ita ego consuevi, che vi debbono concorer molti aminiculi a favor del fideicomissario, come testimoni, estimo del defonto, voce e fama di homeni vecchi e cose simili, alcuna delle quali non concore nel presente ponto del signor adversario.
Secondariamente si diceva per parte sua esser proposizione indubitata appresso detto eccellentissimo Pellegrini, nel medesimo articolo a num. 22, ricevuta anco nei giuditii di questo Serenissimo Dominio, che quando consta il defonto possedesse beni nelle pertinentie di una villa, tutto quello che si ritrova appresso li suoi descendenti si presupone di raggione del fideicomisso. Quando con l’acquisti non si dimostrino li beni liberi; e con l’indrizzo di questa proposizione, diceva l’eccelentissimo Feramoscha che il testamento di Biasio 1502 appareva che egli havesse beni in Noventa, al Finale e altrove, così che non si poteva dubitare che li beni tolti in tenuta in queste ville non fossero di raggione del maggioratto. Et passando più oltre cercava fortificar questo argomento, dicendo che vana e ridicola sarebbe statta la proibizione fatta da detto Biasio che li suoi beni de dette ville non fossero alienati, quando in Noventa non havesse havuto tutto quel numero de campi che dicevasi esser stati usoi e che il suo patrimonio si fosse ristretto a quello che sopra avanzava, oltre li campi numero 140 che dalla magnifica signora Euriema venivano chiamati acquisti delli figlioli.
Questo argomento fu et è di facile resolutione, perché nel testamento non vi sono quelle parole che furono lette dal signor Scipion, ma esse sono inserite in una parte cancelata, abolita, non publicata e reggieta dall’istesso testatore. [1] Nel qual proposito, se il vero ha da procedere, è statta cosa poco degna, per non dir affatto da non esser pur pensata, che avanti vostra signoria molto illustrissima et eccellentissima sii alegata scrittura non vera e che il medesimo testator habbi cancelata e che a ponto argomentando ab ipsa cancelatione fa tanto magior l’argomento in favor nostro contra li adversari, perché se fosse statto vero non haveria fatta la cancelatione. Et se in cosa così chiara cerca d’inganar la giustitia e la parte. Quello che poi si possi dir nel vero serà giuditio della sua prudenza. E perché così ella resti informata e sincerata. Vedrà nel processo EE, carte 34 tergo usque 39, che a questo modo potrà pensar qual fede possi in latri ocnti prestarli, perché non può chiamarsi parte del suo testamento. Essendo cosa non solum absurda, ma ridicula che d’una parte dell’ordinatione di Biasio, per lui medesimamente fatta cancelar, vogli il signor adversario pretender fondamento di giustificazione per sodisfar alle sue incombentie, Onde cadendo il fondamento come falso, dal suo canto cade successivamente etiam tutta l’argomentatione.
Ma non solo in questo si scopre l’equivoco che fu preso in questa parte, ma etiam intorno il numero de campi di Noventa. Perché si figurava il signor SWcipione che Biasio havesse lassato a figlioli solo campi numero 144 in quelle pertinentie e che levandone noi numero 140 restasse il patrimonio in soli campi quatro. E tuttavia consta indebitamente che li campi di Noventa sono ducento e davantagio, perché secondo le divisioni 1507 ve ne sono prima cento denominati in pertinentie di Noventa e poi vi è un corpo de campi quarantadue chiamato della Bastiola, dieci de quali sono nelle medesime pertinentie, tutto che posti per errore sul Finale. Et un altro corpo de campi numero diciotto chiamato del Boschetto e parimenti tutto sotto Noventa, se ben posto ancoo esso sul Finale. In modo che levando i campi numero 140 che sono senza dubio acquisti de figlioli il patrimonio di Biasio in Noventa non si reduce a campi numero quagttro come divisava il signor Feramoscha, ma restava in quantità de campi sessanta e più.
Terzo argomento, fu secondo la tradizione del signor Pellegrini nell’istesso articolo numero 21 dalla propinquità del tempo delle divisioni, essendo morto Biasio 1504 di gennaro et l’instrumento d’esse divisioni fatto 1507. A questo si dice e si replica hora che il signor Pelegrini riferisse a quel numero l’oppinione d’altri et che seguendo nel medesimo versicolo la ntrattatione di questo ponto, aduce molte opinioni in contrario e conclude infine che questo argomento, secondo li veri termini di raggione non possi procieder. Ma di più si considera che egli nel principio del suo discorso, sotto questo numero, dice che l’argomento può proceder quando li figlioli incontinenti o poco doppo la morte del padre fano le divisioni. Onde questo discorso non è applicabile al caso nostro perché le divisioni sono statte fatte tre anni e più doppo, il qual tempo non può certo dirsi che sia incontinente o pocco doppo la morte paterna, quando in via ndi raggione civile il tempo di tre anni si chiama longo e induce prescrittione nelle cose mobili, anzi che secondo la raggion canonica le locationi fatte per anni doi si dicono fatte a tempo longo.
Quarto argomento era secondo l’eccelentissimo Pellegrini num. 24 sopra la confessione del quondam signor Pietro padre della signora Euriema, fatta come dicevamo 1571. Mentre chhe per la morte di Gasparo che fu di Gierolamo egli pretendeva la relassatione de beni per fedeicomisso. Ma anco questo fu facilmente risolto perché non siamo iin caso di confessione del signor Pietro, quando egli ha adimandato ad altri. Et altra cosa è asserir e confessar in giuditio ad interrogazione del suo adversario contra se stesso et altro è pretender e dimandar ad altri, perché in tal occasione si cercha di amplificare in modo che questa fu petitione non confessione del signor Pietro, anzi se si considera la transazione che egli fecce con la signora Lucieta che fu moglie di Gasparo 1576 nel processo E, car. 58, p. t. B ognuno vede che pocco egli puotè confidar nel fideicomisso et di più che egli non pretendeva sotto questo pretesto tutti li beni, ma parte di essi […]
Quarto argomento fu dall’impoossibilità quasi che li gilioli, morto il padre, non havessero potuto far acquisti. Questa argomentazione non è fatta dal signor Pellegrino, né manco da alcun altro che habbi scritto in materias fideicomissaria. Onde questo solo potrebbe bastar per la sua resolutione, ma di più si considera che grandemente s’inganano li signorii adversari nell’uso di questo argomento perché impossibile è quello che secondo la natura non può esser o non si può far, come misurar il cielo e la terra […]
Queste sono le prove della prima specie portate dall’eccellentissimo signor Scipione, vane deboli et da se stesse risolute. Oltre quello che di sopra è statto discorso.
Succedono l’altra della seconda spetie, cioè cavate da scritture […] [2]
La scrittura proseguiva infine nell’elencare le cosiddette Detrazioni, cioè quanto doveva essere tolto ai beni sottoposti a fedecommesso per tutta una serie di ragioni, Le detrazioni proprie erano quelle specifiche ai singoli appezzamenti di terreno (per esempio le valli paludose da cui si dovevano sottrarre le spese affrontate per bonificarle. Più interessanti le detrazioni comuni, cioè “quelle che riguardano tutti li corpi [dei beni] e che proporzionalmente devono esser fatte”.
Hora succedono quelle detrattioni che habbiam chiamato communi, le quali dovendo esser fatte proporzionalmente de tutti li corpi dei beni et volendo li adversari sottraer le vali sotto pretesto dell’oblatione prodota a Venetia alli beni inculti 24 settembre 1612, però per levar di mezo questa tal proposta tranella et per far conoscer l’accortezza e artifici delli adversari et insieme quale sia il vero sentimento della detta oblatione, si fanno a vostra signoria molto illustre le seguenti considerazioni:
Prima: Nella scrittura nostra opositione 3 settembre 1605, Proc. B, car. 103, sono proposti sei cappi di detrattione [3] :
- Dote
- Legbittima
- Trebellianica
- Meglioramenti
- Debiti
- Campatici
Questi casi sono fra se stessi separati e distinti, in modo che uno non ha conessione con l’altro.
La scrittura prosegue affrontando la complessa materia de campadeghi [4] e dei debiti che Pietro Saraceno aveva lasciato alla sua morte. Infine assai interessante era la successiva detrazione affrontata:
La terza detrattione è della legitima intorno alla qual li signori adversari si concedono la terza parte. Ma diciamo noi che ci è debita la mettà havuto rispeto al numero de figlioli. Et seben dicono essi che le donne sonno escluse e che non devono far numero nel computo della legittima, tuttavia rispondiamo noi che quello che per la forma delli statuti tolto è alle donne e applicato alli maschi, i quali conseguentemente deveno haver e conseguir tutta quella legittima che a loro et alle donne de iure communi aspetava. Oltre che in questa materia vi sono molti dottori che tengono l’istessa opinione riferitti dal Crasso et etiam dal dottor Pellegrini, et in dubio deve la giustitia più tosto favorir la parte nostra che quella de fidecomissari.
La quarta è la dote di madonna Chiara figliola del testator, alla quale furono costituiti in dote ducati 1600, come nell’instrumento 14 febraro 1505, proc. S, car. 7, ducati 409 computati, ducati 1090 de mobili. Qui li adversari concedono ducati 1300 lassati a madonna Chiara dal padre nel testamento e codicili, ma si negano l’augumento de ducati 300 fatto dalli figlioli et etiam l’importar de mobili de ducati 109. Questa loro opinione è reprobata dalla raggione et auttorità de savi, perché l’istesso signor Pelegrino, in carta 390, art. 42, num. 77, verso: Ego in filia testatoris, concede l’augumento per moltissime ragioni che lui referite. Et è gran disavventura di una giusta et legitima suceditrice come la magnifica signora Euriema che un fideicomisso vogli revocar in dubio le costituzioni dotali fatta dal dotante per quei rispetti che concorrevano allora dopo il corso d’anni cento.
Né giova il dire che la madre nel medesimo giorno 14 febraro 1505 facesse donatione alli figlioli de ducati trecento della sua dotte per la sodisfattione che haveva ricevuta nell’augumento dotale fatto alla figliola, perché tal qual ricompensazione non ha da giovar al fideicomisso, né più né meno, come non vi gioverebbe se un loro attinente havesse voluto reintegrarli non solum dell’augumento, ma di tutta la dotte. Et tanto più si vede ingiusto il pensiero del fideicommisso, quando che il soggetto in cui la signora hiara fu maritata, che fu il signor Giacomo Bissaro, et per la famiglia et per ogni altro respetto fu meritevole di tanta e maggior dotte.
Ma di più non si resta di dire che enlla materia de mobili, importanti ducati 109 non doveria mai li adversari metter difficoltà, poiché non era conveniente che la signora Chiara andasse a marito senza haver un minimo ornamento di vestura et altro, conforme alla sua conditione; et queste sottilità in chi dimanda con titulo lucarativo di fideicommisso, son troppo odiose et devono dalla giustitia esser totalmente regette. Et quando dice che il padre vivendo dovete haver fatta la provisione de detti mobili, non può sentirsi questa introduzione senza qualche meraviglia, poiché il padre morse un anno avanti fosse fatto il matrimonio et di più la tradizione de mobili fu fatta di maggio 1505, mesi quatro dopo che fu fatto l’instrumento di dote, come vostra eccellentissima potrà osservar nel proc. S, casr. 21.
La scittura prosegue esaminando le imputazioni degli avversari. Una di questa è estremamente interessante, poiché riprende la questione della legittima femminile in rapporto alla dote materna:
La terza è la legitima debita alle figliuole nella dote materna. Questa imputazione è simile alle precedenti, perché se di sopra abbiamo provato che la parte di legitima tangente alle figliole femine è applicata per la disposizione del statuto alli figliuoli maschi, non si può proceder in modo alcuno questa imputazione ecittata dalli adversari, perché per indiretto si verebbe a conceder alle femine quello che direttamente la legge li leva. Ma di più, quando il padre testa vivea la madre, onde absurda cosa è il dire che il padre habbi potuto acquistar la legitima della dote materna, quando tuttavia la moglie vivea appresso, si considera che le figliuole non hano renuntiato al padre la loro legitima, et senza questa renuntia non è possibile che il padre habbi fatto l’acquisto;anzi dall’instrumento in proc. S, car. 11, fatto con la medesima signora Chiara, si vede che ella fa la renuntia a pro e beneficio de fratelli.
[1] Si veda, a questo proposito, il testamento di Biagio seniore del 1502, in cui inizialmente il testatore aveva previsto un classico fedecommesso che, nel caos di estinzione della linea maschile dei fili, avrebbe dovuto migrare agli altri rami della famiglia Saraceno (colonnelli).
[2] Seguono alcuni punti in cui in base alla documentazione presentata i Saraceno ed Euriemma cercano di affermare le rispettive tesi (in merito alla consistenza dei terreni effettivamente sottoposti ai due fedecommessi).
[3] Tutte voci che, in linea teorica, incidevano dunque sulle disposizioni fedecommissarie, diminuendone la portata e la consistenza.
[4] Le leggi veneziane permettevano che per bonifiche e pagamenti di imposte che gravavano sulle proprietà i beni sottoposti a fedecommesso potessero essere decondizionati.