Serenissimo Principe, Illustrissima Signoria,
A ognun è notto, Vostra Sublimità prudentissima haversi sempre reservata libertà addendi, minuendi et corrigendi nella confirmatione de statuti delle sue città, precipue perché nelle occorentie de suoi poveri sudditi, et maxime habbitanti in questa inclita città, lei (con la solita sua integrità et iustitia) potesse subvenir alla loro indemnità, acciò con el rigore di essi statuti non fussero contra il dovere opressi, et de qui et che migliara di volte, a richiesta de diversi particular suoi sudditi, Vostra Serenità ha dispensato il statuto in materia de consiglio de savio et maggiormente quando lei ha veduto trattarsi interesse di qualche suo cittadino over altro habbitante in questa città.
Perché se tali fussero astretti andar con li propri delli luochi a consiglio di savio, come forestieri haverebbeno troppo disavantagio per diversi rispetti et cause, che lei, per solita sua prudentia et pietà, assai ben considera.
Questo dico io Marco quondam Benedetto Bertono, però che essendo ditto quondam mio padre già tanti anni venuto ad habitar in questa inclita città et dimoratovi di continuo, et doppo tolta moglie et hauti più figlioli et me tra gli altri, quale venuto in ettà ho medesimamente tolta moglie venetiana, con la quale mi ritrovo 9 figlioli tra maschi et femine, et vi son continuamente dimorato et dimoro con la povera mia fameglia et fatta sempre ogni fatione come bon cittadino.
Et hora, essendo stato illuminato de alcuni beni et crediti de ditto quondam mio padre et havendo ritrovati gli instrumenti et scritti che non hano niuna difficultà che io come herede di esso quondam mio padre non possi ricuperar ditti beni et crediti, intendendo l’intentione di quelli che li possedono et sonno debitori, esser di volerme tirar a detto consiglio di savio, con loro extremo avantagio per molte dependentie che hanno et favori.
Confidentemente però, io povero Marco sudetto, fidel servitor di Vostra Sublimità, humilmente ai suoi piedi suppluco li piaqui per mia indemnità et benefficio della iusticia scriver et cometter al magnifico suo proveditor et capitano di Salò, dove sono sittuati li beni et habitano chi li possede et sonno debitori che ex capite suo debba servatis servandis et auditis audiendis administrar raggion et iusticia sopra le iustissime action mie, acciò io povero non venghi tortegiato dalli favori et potentia de chi mi si opponerano et goda quella prerogativa che hano sempre goduto tutti quelli che longamente hano habitatto in questa magnifica et illustrissima città, che è di esser giudicato da suoi magnifici representanti et non da giudici che si possono dir interessati et suspetti per li parentà et altre dependentie che hano con le parte, come Vostra Sublimità prudentissima ha sempre considerato et considera.
Alla cui bona gratia, con ogni affetto di humiltà, di core mi recomando.
24 februaris 1555
Respondeat provisor Salodii…
(filza 311)