La nuova giustizia punitiva si affermò, a partire dagli ultimi decenni del Cinquecento, tramite l’attività del Consiglio dei dieci, suprema magistratura veneziana. Un’attività che si svolse essenzialmente tramite una fitta rete di delegazioni concesse ai rettori delle grandi città. Possiamo distinguere sostanzialmente tre fasi di questo lungo percorso:
Prima fase (fine Ciquecento-prima metà del Seicento): Il Consiglio dei dieci, informato dai rettori o dagli stessi sudditi, sottrae alle diverse corti la loro ordinaria giurisdizione (sin dal processo informativo). Esaminato rapidamente il caso, il supremo organo giudiziario procede a delegarlo soprattutto a due grandi corti della Terraferma veneta: la Corte preoria di Padova e la Corte pretoria di Brescia. Il processo sarà istruito dai rispettivi giudici del maleficio, mentre a verbalizzare ogni atto è incaricato il cancelliere del podestà (pretorio), con l’esclusione dei notai locali. La sentenza è pronunciata dalla Corte pretoria escludendo qualsiasi organo locale insignito di privilegi. Queste delegazioni sono per lo più provviste del rito inquisitorio del Consiglio dei dieci, che prevede la segretezza delle testimonianze, l’esclusione dell’avvocato difensore e l’inappellabilità della sentenza.
Seconda fase (seconda metà del Seicento all’incirca): Le deleghe cominciano ad estendersi anche alle altre corti, talvolta le stesse competenti del caso. La procedura adottata diviene spesso quella servatis servandis, che mantiene gli antichi riti procedurali, anche se permette alla corte medesima di applicare pene severe, al di là del dettato normativo degli statuti locali. Inoltre, via via, gli stessi riti giudiziari sono depurati da alcuni istituti che tradizionalmente li avevano connotati, come ad esempio le difese per patrem e le pieggerie.
Terza fase (a partire dall’ultimo decennio del Seicento). Le deleghe mantengono le stesse modalità (ampio utilizzo della procedura servatis servandis, ma anche in più di un caso del rito inquisitorio del Consiglio dei dieci). Ma si amplia la giurisdizione delle corti che si muovono sotto la spinta intrusiva del Centro dominante. Molti reati, come ad esempio l’omicidio, ma anche taluni, come i matrimoni clandestini, di competenza ecclesiastica, sono sistematicamente delegati alle corti insignite della delega. E’ in questa fase che la nuova giustizia punitiva si amplifica notevolmente sottraendo ai tribunali cittadini le loro tradizionali competenze.