LA MAGNIFICA PATRIA: PROFILO ISTITUZIONALE E COSTITUZIONALE
Poco conosciuta è l’esistenza di un’istituzione che per alcuni secoli contraddistinse la vita politica delle comunità disposte lungo la riva occidentale del Garda, nella parte Bresciana. Che si trattasse di un’istituzione parlamentare non vi è dubbio. Un organo assembleare la governava chiamato Consiglio generale, in cui sedevano i rappresentanti delle numerose e ricche comunità del lago.
Alcuni accenni storici: Nella seconda metà del secolo XIV era assoggettata ai Visconti; dopo una parentesi caratterizzata da dominazioni diverse, nel 1426 entra a far parte della Repubblica di Venezia sino alla caduta di quest’ultima nel 1797.
Venezia confermò gli statuti della Magnifica Patria, limitandosi ad inviare un proprio rappresentante con il tiolo di Provveditore di Salò e Capitano della Riviera. Che veniva eletto dal Maggior Consiglio generale e durava in carica circa dodici mesi.
Non diversamente da altre realtà cittadine, il rappresentante veneziano aveva la giurisdizione sulla giustizia criminale. Solo assai più tardi (come vedremo) il rappresentante veneziano avrebbe proceduto insieme ad un giudice del maleficio, da lui personalmente scelto nell’ambito dei giuristi della Terraferma..
La sua attività di governo procedeva però con la collaborazione di un CONSIGLIO GENERALE formato dai rappresentanti delle comunità che costituivano la magnifica Patria.
La Magnifica Patria aveva molti dei tratti specifici delle istituzioni parlamentari che caratterizzarono la lunga vita dello stato giurisdizionale. Aveva innanzitutto giurisdizione su un territorio assai vasto che inglobava sia le comunità disposte lungo il lago (da Desenzano a Limone del Garda) che quelle dell’entroterra montuoso che scendeva perpendicolarmente al lago. Nella parte settentrionale giungeva sino al lago d’Idro comprendendo la Val Sabbia. Verso la fine del ‘500 comprendeva circa 45.000-50.000 abitanti.
L’organo rappresentativo, il cosiddetto Consiglio Generale che risiedeva a Salò, deliberava su molte questioni di vitale importanza per la vita delle comunità che ne facevano parte. Il rapporto di collaborazione con Venezia era sancito dalla presenza del Provveditore e Capitano, che a tutti gli effetti ne costituiva il rappresentante più significativo.
La specificità della Magnifica Patria era però data dal rapporto che legava le sue istituzioni al territorio. A diversità di altre grandi istituzioni parlamentari come ad esempio la Patria del Friuli al cui parlamento venivano eletti rappresentanti dei tre corpi dei castellani, comunità e prelati e che nella sua stessa costituzione rifletteva la scarsa incidenza della città di Udine sin dal Medioevo, la Magnifica Patria della Riviera del Garda si caratterizzava per alcune sue caratteristiche che assegnavano al conetto stesso di PATRIA una sua particolare significatività che sottolineava i legami con il territorio cui faceva riferimento.
La Magnifica Patria era composta di trentasei comunità suddivise a loro volta in sei Quadre: Salò, Maderno, Gargnano, Montagna, Valtenese, Campagna. Laddove quest’ultime erano composte di otto o nove comunità, quelle più importanti di Salò, Maderno e Gargnano avevano solo tre comunità. .
Un complesso sistema elettivo presiedeva all’elezione dei consiglieri della Magnifica Patria.
Ogni anno ciascuna quadra inviava al Consiglio generale sei consiglieri, una metà eletti a gennaio e l’altra metà a luglio cosicché IL CONSIGLIO ERA COMPOSTO SEMPRE DA CONSIGLIERI VECCHI E NUOVI.
E’ però interessante esaminare a grandi linee i criteri tramite cui all’interno di ciascuna quadra venivano scelti i consiglieri stessi. Tali consiglieri erano scelti in rappresentanza dei comuni che componevano ciascuna quadra in relazione al peso demografico e all’estimo di ciascuno d’essi. La quadra di Salò, ad esempio, prevedeva che Salò inviasse quattro consiglieri, mentre le due piccole comunità limitrofe di Volciano e Cacavero inviavano un rappresentante ciascuno.
Un’altra quadra importante, quella di Gargnano, pur seguendo il medesimo procedimento elettivo presentava una situazione un po’ diversa. Gargnano il centro maggiore eleggeva quattro consiglieri, la comunità di Tremosine (posta sull’altipiano e costituita di numerose terre cioè piccoli villaggi) disponeva di due consiglieri, ma negli anni dispari ne cedeva uno alla piccola Limone.
Il Consiglio generale era dunque rappresentativo di un ampio territorio ed era depostiario di ogni potere decisionale insieme al Provveditore veneziano. Si riuniva ogni quindici giorni e le sue parti sono a tutt’oggi conservate. L’archivio è in fase di riordino.
Nominava sei deputati che attuava le decisioni assembleari, anche se in realtà il suo potere si sarebbe rafforzato a partire dal Seicento. Anche nella designazione dei deputati comunque le quadre rispettavano un sistema di turnazione rispettoso di tutte le comunità, cosicché anche la più piccola comunità, anche se a cadenze di certo non ravvicinate eleggeva un suo rappresentante.
Uno dei deputati aveva la qualifica di Sindaco che aveva il compito essenziale di tutelare gli statuti della Riviera e di contraddire ciascuna parte proposta in consiglio in modo si potessero valutare i pro e i contro.
Va ricordato che la costituzione della Magnifica Patria si ebbe al momento della dedizione a Venezia non senza aver affrontato gravi contrasti con la vicina e potente città di Brescia. La completa autonomia della Patria dovette infatti pagare un prezzo alle rimostranze del potente vicino. Brescia ottenne che un proprio rappresentante, con il titolo di vicario, fosse eletto dal consiglio cittadino ed inviato a Salò con la prerogativa di amministrare la giustizia civile.
Questa la delineazione istituzionale che pur mantenendosi formalmente rispettosa alle sue origini di fatto nella sostanza subì, come molte altre realtà dello stato territoriale veneziane modifiche anche di rilievo sul piano sostanziale.
Va inoltre aggiunto qualche osservazione sulla specificità sociale ed economica del territorio che componeva la Magnifica Patria. Come in molte altre realtà nel corso del Cinquecento è ravvisabile di certo il consolidamento di un potere oligarchico che finì per diluire il concetto stesso di Patria che in origine dove va rappresentare tutte le comunità del territorio. La definizione di questo potere oligarchico, a diversità della gran parte dei territori della Terraferma veneta non si caratterizzò però essenzialmente per la definizione di uno status privilegiato incentrato sull’onore e sul monopolio delle cariche che finivano per assegnare il concetto stesso di nobiltà.
La realtà economica della Riviera del Garda era infatti essenzialmente mercantile. Anche nei centri maggiori come Salò e Gargnano, dove pure si individua un’elite che chiaramente opera nel commercio (lino, ferro, carta, limoni) si può notare ancora nel Seicento una certa mobilità sociale attestata dalla presenza di forti conflitti che non di rado scendono sul piano della violenza e dell’omicidio. Ovviamente le comunità maggiori ebbero un peso decisivo anche perché la promozione sociale di molte famiglie avveniva tramite la professione giuridica e l’iscrizione al collegio di giuristi che aveva sede a Salò.
La conformazione sociale ed economica favorì comunque una certa fluidità politica agevolata dalla stessa presenza del Consiglio generale che operava a Salò a fianco del Provveditore veneziano. Ad esempio nel secondo decennio del Seicento il Consiglio generale riuscì ad avere prevalenza sulla potente comunità di Salò su alcune importanti questioni di precedenza (i consiglieri della ottennero di avere la precedenza rispetto al console di Salò anche nelle cerimonie che si svolgevano nel capoluogo della Riviera).
La più che evidente visibilità de Consiglio è attestata dall’approvazione degli Statuti, nuovamente formulati anche alla luce dei consigli di Marcantonio Pellegrini. La faticosa e lenta approvazione (i primi lavori si erano avviati poco dopo la metà del Cinquecento) giunse nel 1620 superando sia le resistenze della città di Brescia che l’opposizione della comunità di Salò che si era ritenuta lesa nei propri privilegi in materia di vettovaglie e sanità
Dunque sia la specifica conformazione socio-economica del Territorio che l’amalgama costituito dalla rappresentanza di forma parlamentare finirono paradossalmente per rafforzare un’istituzione assai antica rispetto agli equilibri interni e al peso giocato dalle comunità maggiori.
Va comunque aggiunto che pure la Magnifica Patria della Riviera, anche se è percettibile una sua maggiore vivacità politica, seguì comunque il destino di altre realtà istituzionali che erano entrate a far parte dello stato territoriale veneziano.
Da un lato è possibile scorgere un’enfatizzazione ideologica della realtà giurisdizionale di antico regime tipica dello stato veneziano, in quanto essendo costituzionalmente incentrato sulla forma repubblica non fu in grado di incorporare al proprio interno le realtà locali nell’ambito di strutture che pur è possibile rilevare in altre realtà principesche o monarchiche.
Dall’altro lato certi processi di indebolimento sostanziale delle istituzioni rappresentative sono chiaramente individuabili a partire dagli ultimi decenni del Cinquecento. Nell’ambito della giustizia civile il valore sostanziale degli statuti della Magnifica Patria si indebolì a fronte della capacità di attrazione dei grandi tribunali della Dominante come le Quarantie.
Sul Piano penale la vasta delega attuata dal Cosniglio dei dieci con la concessione del suo rito inquisitorio e l’esclusione dei ceti notarili locali dalla gestione dei processi penali indebolì sensibilmente la capacità di risoluzione dei conflitti da parte degli organi locali (compreso lo stesso Provveditore).
Emblematica a questo proposito la vicenda dell’inserimento del giudice del maleficio nell’ambito dell’amministrazione della giustizia penale. Tale amministrazione era sempre stata di competenza del solo Provveditore che operava in base agli statuti della Patria. Il tentativo da parte di Venezia di inserire un giudice doctor che affiancasse il provveditore riuscì negli anni ’80 del Cinquecento nonostante le forti proteste della Magnifica Patria. Di lì a qualche anno i consiglieri avrebbero deciso l’invio di ambasciatori per protestare contro la pratica avviata proprio dal giudice del maleficio di ricorrere alla contestata citazione ad informandum tramite la quale una persona non poteva conoscere da subito se doveva presentarsi al tribunale in qualità di teste o di reo.
E del resto la repressione del banditismo nei primi decenni del Seicento si caratterizzò per un’accentuata militarizzazione del territorio e per un sostanziale inserimento delle istituzioni veneziane nell’ambito dei conflitti tra le più importanti famiglie della Riviera che in questo periodo si intensificano notevolmente.
Va inoltre aggiunto che tutti questi elementi si accompagnarono nel Seicento all’intensificarsi delle pratiche di patronato. I percorsi istituzionali del nunzio a Venezia sono sempre accompagni da doni elargiti ai membri delle famiglie che hanno occupato la carica di provveditori. E la Magnifica Patria nel suo complesso testimonia in alcune occasioni il suo attaccamento a pratiche di amicizia assai diffuse in antico regime ma che in questo territorio si evidenziano per la loro specificità ed intensità. In più occasioni la nascita del figlio di un provveditore è infatti l’occasione perché i consiglieri decidano di stabilire un rapporto particolare con il nascituro, ricorrendo alla parentela spirituale. La Magnifica Patria nel suo complesso al battesimo del nuovo nato si costituisce come madrina. Una prassi che avrebbe sancito nuove e più intense relazioni di patronato, ma che suggeirscono pure la diffusione di una fenomeno sociale incentrato sulle relazioni di patronato che non piuttosto sull’avvio di una nuova prassi di governo.