Sorprendentemente la documentazione veneziana fa emergere questa supplica di ra Tiziano Degli Antoni , che l’azione repressiva di Leonardo Mocenigo aveva indicato come un ‘fautore’ di Giovanni Beatrice. E come tale ripreso acriticamente dalla storiografia locale che a partire dall’Ottocento si soffermò sulla figura di Zanzanù. La ricerca ha riproposto un’immagine di fra Tiziano (guardiano del convento di Gargnano) che viene confermata da questo documento, che probabilmente non ebbe seguito in quanto il religioso morì di lì a poco, senza probabilmente aver potuto ritornare a Gargnano.
Collegio, Risposte di dentro, filza 13
Serenissimo Principe
Mentre io fra Titiano Degli Antonii da Gargnano sotto Salò mi ritrovava per ordine del reverendissimo padre generale nostro de’ minori conventuali di San Francesco nel monasterio di San Francesco di Riva di Trento, da miei persecutori et emuli sono stato malignamente accusato all’eccelentissimo Proveditor General Mocenigo, come quello che favorisse banditi et loro dasse ricetto nel monasterio nostro di Gargnano, onde da sua eccellenza illustrissima per tali falsissime calumnie delle quali non mi ho potuto per l’absentia mia espurgare fin sotto li 27 di ottobre passato mi fu fatto intendere che sotto gravi pene ad arbitrio non venisse più in alcun luoco del stato di Vostra Serenità senza però espressa licentia della Serenità Vostra, siché io non posso più in esso sotto qual si voglia pretesto ritornare stante esso ordine senza la detta licenza.
Questo acerbissimo castigo per ogni rispetto a me si rende durissimo per l’innocenza mia, poiché tant’è lontano che io habbia commesso il delitto da miei persecutori falsamente addossatomi che anzi sono stato cagione che uno de nostri frati, come fautore de’ banditi, restasse dalli superiori condenato cinque anni in galera et si rende chiara l’innocenza mia dal medesimo ordine di quell’eccelentissimo signore il qual sinistramente informato asserisse che io per questa medesima cagione fosse stato rimosso dal reverendissimo generale del luogo di Gargnano. Et pure non solo dalle lettere patenti di esso di esso reverendissimo et da altre sue private scrivemi che io riverentemente apresento a Vostra Serenità chiaramenti si vede in quale concetto egli habbia la persona mia et quale sia la vita ch’io nel monastero di Gargnano ho sempre menato lontana da ogni scandalosa operazione come anco ne fanno fede quei reverendi […abati?] che in tempo in tempo sono stati in quel luogo.
Però desiderando io di levar dall’animo di ciascheduno questo reo concetto della mia persona et sopra il tutto restar favorito della gratia di Vostra Serenità riverentemente supplico che comessa la informatione di questa verità all’istesso eccellentissimo Generale se così le piacerà si degni in conformità della sentenza da sua eccelenza fatta concedermi licenza di star nel suo Serenissimo Dominio acciocché essendo io sempre vissuto fedele suo servo senza esser machiato di nota così brutta possa ritornarmene alla Patria con quella libertà che è concessa a chi integramente vivendo non comise mai colpa meritevole di esser privo della sua benigna gratia, alla qual umilmente me l’inchino. Gratie.
1611 a 23 di aprile
Che alla sopradetta supplicatione responda il diletissimo nobil nostro Lunardo Mocenigo ritornato di Proveditor et Inquisitor in Terra ferma di là dal Menzo et ben informato delle cose in essa contenute visto, servito et considerato quanto si deve dica la opinione sua con giuramento et sottoscrittione di mano propria giusta la forma delle leggi. Rimandando poi la risposta sigillata con le presenti in mano de uno dei segretari della Signoria nostra.
Consiglieri
Bertuzzi Valier, Zuan Giacomo Gradenigo, Gerolemo Capello, Agustin Canal
Dolce segretario.